l’uomo delfino

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l’uomo delfino ● DOLPHIN MAN

un film di Lefteris Charitos
produzione: Rea Apostolides for Anemon Productions
distribuzione: Wanted Cinema
Grecia, 2017 ● 80 minuti

v.o. inglese e italiano con sottotitoli in italiano

presentato al Tokyo IFF e a Visioni fuori raccordo 2017

martedì 6 ottobre alle ore 21.40 proiezione speciale: in sala il campione di apnea Gianluca Genoni
e in video collegamento il regista Lefteris Charitos

un viaggio nelle profondità del mare in compagnia di Jacques Mayol, campione di immersione sportiva.

il film ci trascina nella vita di questo straordinario e discusso campione (leggendaria la sua rivalità con Enzo Majorca), facendoci attraversa i mari di tutto il mondo, dal Giappone all’Europa, dall’India alle Bahamas, ci immergiamo con Mayol e viviamo con lui quella esperienza sensoriale e trasformativa che è il free-diving scoprendo cosa accade al corpo e alla mente umana negli abissi più profondi.

Dolphin Man narra la straordinaria storia e l’eredità di Jacques Mayol, leggendario campione di immersione che rivoluzionò il mondo dell’apnea entrando con yoga e meditazione in totale armonia e simbiosi con il mare.  Riconnettersi alla natura fino a fondersi con essa, stabilire un equilibrio tra corpo e anima, respirare, meditare e praticare yoga, esplorare gli abissi del mare e dell’animo umano, scoprire i limiti del corpo e le trappole dell’ambizione: questi sono solo alcuni dei tanti temi e spunti di riflessione del film che ci trascina nel mondo di quello straordinario atleta, filosofo e avventuriero che fu Jacques Mayol, più volte campione del mondo di apnea con record di immersione di oltre 100 metri di profondità.

«Il film tratta delle questioni essenziali dell’esistenza umana. La morte, i limiti del corpo, il nostro ritorno alla madre natura, le trappole dell’ambizione e della fama personale, l’equilibrio del corpo e dell’anima attraverso la meditazione (…) Dolphin Man coinvolge lo spettatore attraverso i sensi e le emozioni. Per Mayol, ogni immersione era un tentativo di allineare la mente e il corpo. Noi condividiamo questa esperienza, immergendoci fino a grandi profondità, dove tutto è nero, immobile, pauroso eppure pieno di pace, e poi ritorniamo alla luce brillante della superficie. Questo viaggio sensoriale è raggiunto grazie alle riprese di operatori eccezionali, in grado di immergersi insieme ai migliori apneisti del mondo, e ci permettono di scoprire che cosa accade al corpo umano e alla mente a così grande profondità.» (Lefteris Charitos)

«Nella profondità del mare, in quel luogo “sotto” la superficie della terra, tutto sembra più bello. Quanta la delusione dopo aver raccolto una conchiglia e, custodita stretta dentro al pugno, averla guardata alla luce del sole? Lì sotto l’acqua si nasconde un mondo profondo, per lo più sconosciuto all’uomo, spaventoso e affascinante al contempo. Nella sezione Homelands del festival di documentari romano Visioni Fuori Raccordo è passato The Dolphin Man del greco Lefteris Charitos. L’uomo delfino in questione è ovviamente Jacques Mayol, famoso apneista che nel 1989 arrivò a scendere fino a -107 metri nelle profondità marine. Alternando immagini di repertorio a interviste di famosi apneisti che hanno seguito i suoi insegnamenti, Charitos inserisce ogni immagine in una cornice più ampia (…). Emerge un Mayol affascinante, a suo modo vanitoso, sicuramente determinato e competitivo ma denigratore della competitività fine a se stessa. Scendere in profondità era per lui un modo per conoscersi, una vera meditazione, ma anche uno magico stratagemma per fermare il tempo e lo spazio, entrambi così frenetici al di fuori di quello spazio meravigliosamente blu, staccato dal quotidiano affannarsi umano e dal chiacchiericcio continuo. (…)
Di nuovo il cinema documentario permette di conoscere sempre più a fondo queste personalità straordinarie, affette da una passione inguaribile, dotate di veri e propri super poteri, benedizioni e maledizioni allo stesso tempo. (…) Ma la riflessone del regista greco si sposta su qualcos’altro e passa dalla straordinarietà dell’uomo all’importanza di un luogo dove riscoprire la propria umanità. Perché ritrovare quel luogo oggi sembra più che mai fondamentale. Sfuggire dagli spazi sempre più impersonali e massificanti, che gridano alla perdita dell’individualità intesa nel suo senso più prezioso. Il mare per Jacques Mayol era l’alternativa alla costante velocità del mondo, oggi sempre più spietata. E da questo aspetto un’altra urgente questione: la riscoperta del contatto con la natura così unica nelle sue leggi e regole. La competitività che l’acqua infondeva a Mayol non era la ricerca di un mero risultato ma una sfida importante: quella di ritrovarsi nel miglioramento e non di essere un numero in mezzo molti altri. Ma tutto questo era possibile solo capendo umilmente l’importanza di accordare il proprio respiro con quello della terra, unico modo affrontare con rispetto il gigante mare.» (Alice Catucci, SentieriSelvaggi.it)