les ogres

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les ogres

un film di Lèa Fehner
con Adéle Haenel, Marc Barbé, Francois Fehner, Marion Bouvarel, Inès Fehner, Lola Duenas
sceneggiatura: Léa Fehner, Catherine Paillé e Brigitte Sy
suono: Julien Sicart ● fotografia: Julien Poupard
montaggio: Julien Chigot● musiche: Philippe Cataix
distribuzione: Cineclub Internazionale Distribuzione
Francia, 2015 ● 144 minuti

v.o. francese con sottotitoli in italiano

candidato nella categoria miglior film ai premi Lumières
premio del pubblico “Big Screen” al Festival di Rotterdam
premio Lino Miccichè per il miglior film del Concorso Pesaro Nuovo Cinema

Quelli della compagnia Davaï Théâtre – una turbolenta tribù di artisti nella quale lavoro, famiglia, amore e amicizia si mescolano con veemenza, scavalcando i confini tra la finzione del palcoscenico e la vita reale – vanno di città in città, con una tenda in spalla e il loro spettacolo a tracolla. E mettono in scena Cechov.
Nelle nostre vite portano il sogno e il disordine. Sono degli orchi, dei giganti e ne hanno mangiato di teatro e di chilometri…
Ma l’imminente arrivo di un bambino e il ritorno di un ex amante faranno rivivere le ferite che si pensava fossero ormai dimenticate.
E allora… che la festa cominci!

«Abbiamo voluto parlare di una voglia di vivere frizzante e poderosa. Ma era indispensabile non nascondere l’aspetto della mostruosità o della violenza che risiedeva in questo desiderio.
I nostri personaggi dovevano essere di quelli di cui si potrebbe dire “Mi piacerebbe conoscerli bene, bere qualcosa con loro”, ma dovevamo farlo senza compiacenza, guardando sotto la superficie della loro voracità. Questi orchi di vita sono anche in grado di mangiare gli altri e occupare il loro posto! Ma questo è anche quello che può diventare interessante: far vedere degli esseri potenti e divertenti, indegni e incoerenti, ma amorevoli. Dare spazio all’ambiguità e all’ambivalenza. […].Ci si ama e ci si fa del male. E’ forse questa la grande bellezza e il grande dolore delle famiglie: amarsi e non sapere farealtrimenti che farsi del male. Dunque il film parla di questo, sì, ma non solo dei legami di sangue. Perché qui la famiglia è quella che viene scelta, con cui ci s’incontra e con cui si lavora. Alla base dello spirito della troupe c’è un’utopia collettiva che va al di là del quadro di famiglia, che solleva la questione dell’amore nel senso più ampio». (Lèa Fehner)

«è il crescendo emotivo de Les Ogres a lasciare senza fiato. La Fehner lavora sottopelle, in maniera costante, con i sentimenti dello spettatore, accumulando e deviando di quando in quando verso una risata complice, ma spesso isterica. Nella lunga sequenza finale, accompagnata e sorretta da un canto collettivo ossessivo eppure così conciliante, straziante e dolce, Les Ogres deflagra definitivamente, trovando una circolarità che è null’altro che la vista stessa, il suo pulsare, il suo indispensabile “andare avanti”, verso una nuova città, verso un nuovo spiazzo in cui montare il tendone, e continuare a vivere».  (Raffaele Meale. Quinlan.it)