My Skinny Sister

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My skinny sister ● Min lilla syster

un film di Sanna Lenken
con Henrik Norlén, Annika Hallin, Maxim Mehmet, Amy Diamond
sceneggiatura: Sanna Lenken ● fotografia: Moritz Schultheiß
montaggio: Hanna Lejonqvist ● musiche: Per Störby Jutbring
produzione: Tangy, Fortune Cookie Filmproduktion
distribuzione: Viggo
Svezia, Germania, 2015 ● 95 minuti

v.o. svedese, inglese con sottotitoli in italiano

Berlinale 2015, generation plus: Orso di cristallo al miglior film e menzione speciale
della giuria internazionale ● Göteborg Film Festival, Premio del pubblico
16° Festival del Cinema Europeo di Lecce: miglior sceneggiatura, premio Fipresci e premio del pubblico

Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, My Skinny Sister, opera prima della svedese Sanna Lenken entra con delicatezza e con un approccio fresco e sensibile nel difficile mondo degli adolescenti, dell’ansia di crescere e avere un posto in un mondo competitivo e legato all’immagine

Sorelle e segreti, amori e ricatti, cibo e angoscia, famiglia e scuola. Stella e Katja sono sorelle, Stella ha dieci anni, Katja sedici. Stella, che sta per entrare nel mondo dell’adolescenza, è goffa e vive all’ombra della sorella Katja: di bell’aspetto ed un talento come pattinatrice artistica. Stella cerca in tutti in modi di emulare la sorella finché non scopre i problemi di Katja col cibo. Ricattata da Katja, Stella è costretta a mantenere il segreto per poi svelarlo preoccupata per la salute della sorella. La malattia di Katja sconvolge la famiglia e, poco a poco, ne allontana i componenti. Una storia di paure e passioni, raccontata con gli occhi di un’adolescente con intensità e leggerezza. Una storia di età inquiete, di adolescenti, di tutti noi.

«Il film racconta la difficoltà d’essere adolescenti nel mondo d’oggi. Anch’io sono stata un’adolescente anoressica e sono ancora sconvolta pensando a come volevo cambiarmi in qualcosa che non ero solo perché non ero soddisfatta di me stessa. È triste e assurdo quello che mi è successo e ancora mi chiedo perché. My Skinny Sister vuole raccontare proprio questo: cosa significa e quant’è difficile per un adolescente crescere nel mondo di oggi. (…) Ho voluto raccontare questa storia in modo sincero, mettendo in scena situazioni difficili. L’ho voluto fare raccontandolo attraverso gli occhi di Stella che, in diverse occasioni, alleggerisce il dramma e ci consente di sorridere. Per raccontare in modo credibile questa storia avevamo bisogno di attori credibili e abbiamo impiegato più di un anno prima di trovare Rebecka Josephson e Amy Deasismont, due attrici fantastiche che hanno saputo rendere quella relazione chimica che c’è tra due sorelle. Senza di loro questo film non sarebbe stato possibile.» (Sanna Lenken)

«Per il suo esordio nel lungometraggio, la regista svedese porta sul grande schermo un coinvolgente e commovente dramma generazionale sull’anoressia. Ma My Skinny Sister è prima di tutto un romanzo di formazione che affronta di petto una malattia ed un mondo dove è la Società a dettare i sogni appropriati. Sogni su come si dovrebbe apparire ed essere. Falsi sogni che generano angoscia esistenziale. (…) La qualità e la forza sprigionate dalla perfetta fusione simbiotica tra la scrittura e la regia, trova una spalla ideale nell’eccellente lavoro davanti alla macchina da presa delle due giovanissime protagoniste. Tale combinazione ben riuscita di fattori non può che generare un film di altissimo livello, capace di trasmettere alla platea una gamma di sentimenti, sensazioni ed emozioni contrastanti ed opposti. Di conseguenza, si passa dal sorriso alle lacrime nell’arco di pochissimi secondi. Il tutto dribblando abilmente le sabbie mobili della spettacolarizzazione del dolore, dei luoghi comuni sulla malattia e soprattutto della morale a buon mercato. In tal senso, la Lenken non ha mai paura di mostrare, ma allo stesso tempo non ha bisogno di indugiare nei passaggi più drammatici, così come non si tira indietro quando è giunto il momento di smorzare i toni e far divertire, ma sempre con un profondo e sincero rispetto nei confronti di una tematica che sembra conoscere molto bene. Il risultato è un concentrato di emozioni che arriva diritto al cuore e alla mente dello spettatore di turno, di quelli che restano attaccati alla retina e alle sinapsi anche dopo la fine dei titoli di coda.» (Francesco Del Grosso, quinlan.it)