Alamar

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Alamar

un film di Pedro González-Rubio
con Natan Machado Palombini, Jorge Machado,
Roberta Palombini, Néstor Marín “Matraca”
Seneggiatura: Pedro González-Rubio ● Fotografia: Pedro González-Rubio
Fotografia subacquea: David Torres, Alexis Zabé ● Suono in presa diretta: Manuel Carranza
Montaggio: Pedro González-Rubio ● Musica: Diego Benlliure, Uriel Esquenazi
Produzione: Mantarraya e Xcalakarma
Distribuzione: Ahora Film, Barz and Hippo, Rossosegnale
Messico, Italia, 2009 ● 73 minuti

v.o. spagnolo, italiano sottotitolata in italiano

Toronto IFF 2009, film d’apertura ● Berlinale, Opening Night Generation K‐plus
Morelia IFF 2009, Premio del Pubblico e Miglior Lungometraggio ● Rencontres
Cinémas d’Amérique Latine de Toulouse 2010, Premio FIPRESCI ● IFF Rotterdam, Tiger Award
BAFICI, Buenos Aires, Miglior Film e SIGNIS Award, Menzione speciale
Festival di Nara (Giappone), Golden Shika Award.

ha girato e vinto tanti festival, è uscito dappertutto
… ma non in Italia!
e siccome invece è un film bello, di cui ci siamo innamorati subito, che abbiamo inseguito e finalmente raggiunto
grazie alla collaborazione con Ahora Film e Rossosegnale…
eccoti Alamar, un piccolo gioiello che ti fa sentire in armonia con la natura

In un atollo dal mare incontaminato vive un vecchio pescatore. Si chiama Matraca ed esercita la pesca con metodi antichi nel Banco Chinchorro, un’estesa barriera corallina nei mari del Messico. Un giorno suo figlio Jorge lo raggiunge con il nipotino, Natan, nella sua piccola palafitta. Natan ha cinque anni e vive a Roma con sua mamma, Roberta. Prima che il piccolo inizi ad andare a scuola, Jorge vuole fargli conoscere il suo mondo. Giunti a Banco Chinchorro, Natan e Jorge accompagnano ogni giorno il nonno a pescare. Natan scopre una profonda connessione con la natura, imparando a perlustrare l’affascinante mondo che si cela sotto la superficie marina. Fa anche amicizia con un uccello marino, che chiama Blanquita. Quando Blanquita un giorno scompare Natan capisce che è giunto il momento di salutarsi. Ma quel che ha imparato in mare in questo viaggio ancestrale rimarrà con lui per sempre.

«Da giovane ho viaggiato molto in Messico e nei Caraibi e di quei posti ricordo le strade sterrate circondate da una giungla fittissima e attraversate da granchi e iguana, e ricordo ancora tutte le sfumature dei pesci che nuotavano nell’acqua proprio al di sotto del molo. Sei anni prima di girare Alamar mi ero trasferito a Playa del Carmen, forse guidato dai miei ricordi d’infanzia. […] Attraverso una storia basata sulla relazione tra l’uomo e l’ambiente a Chinchorro, volevo restituire il mio amore per questa regione e l’ammirazione e il rispetto che nutro per le vite dei suoi pescatori. Non volevo avere un approccio distante e intellettuale, in questo film. Volevo raggiungere un’esperienza visiva che potesse suggerire empatia con i personaggi. Mentre conducevo le ricerche, stavo lavorando su una storia basata sulla relazione tra padre e figlio. Alamar è stato ispirato dalla semplicità dell’essere felici. (Pedro Gonzàlez-Rubio).» (Pedro González-Rubio)

«Oceano. Suggestione d’acqua che rumoreggia e sa di sale. (…) In questo microcosmo solitario e pacifico, l’armonia fra uomo e natura si sostituisce alle rigide regole del tempo, trasformando i giorni in un continuo fluire, in cui attesa e scoperta si rincorrono, senza stancarsi mai. La pazienza del pescatore si fonde con la gioia provata di fronte ad ogni nuova preda: una cattura vissuta come un dono, che non ruba niente, e che tutto restituisce all’eterno ciclo vitale. In questa storia, tre generazioni di uomini condividono l’esperienza di combattere ad armi pari contro la mar: un essere femminile, generoso e temibile, ricco di risorse ed avaro di futilità. (…) Il piccolo Natan è nato e cresciuto a metà fra il nostro mondo e quest’altro, sfuggente e silenzioso, dove si può sparire, per un po’, immergendosi in una pienezza fatta unicamente dell’assenza di paura, del rifiuto di ogni pretesa. Sua madre Roberta lo lascia partire dalla sua città, Roma, per mandarlo dal padre Jorge e dal nonno, a passare una vacanza senza giocattoli, né televisione, né niente che non appartenga all’essenza del creato, a ciò che è buono di per sé e basta a sopravvivere. Dove non esiste il superfluo e l’artificioso, nulla può essere giudicato: non vi sono mostri o nemici, non lo sono i coccodrilli o i barracuda, a cui si dà del cibo, e che a loro volta danno cibo. Il documentario di Pedro González-Rubio ci accompagna dentro ad una realtà che, per essere raccontata, chiede soltanto di essere guardata da vicino, con attenzione, cogliendo le sfumature degli attimi in cui gli eventi rimangono fuori dal discorso, perché quanto accade è solo una forma di pensiero che si fa immagine. La sua anima è un desiderio che punta lontano: è una lenza lanciata oltre i confini dell’inquadratura, un uccello che non risponde al richiamo, un messaggio in una bottiglia che forse nessuno mai leggerà.» (OGM, filmtv.it).

«Lo splendido film di Pedro González-Rubio Alamar racconta di un giovane padre messicano, Jorge Machado, che porta il suo figlioletto Natan di cinque anni in vacanza per due settimane a Banco Chinchorro [… ] va a credito del regista il fatto che riesca celebrare la natura così gioiosamente, senza però suggerire che lo stile di vita preferito da un genitore sia migliore dell’altro.» (Los Angeles Times, Kevin Thomas)

«Tanto film per la famiglia quanto opera neorealista non narrativa, Alamar provvede un’immersione quasi ipnotica nell’acqua scintillante e incredibilmente tranquilla dei Caraibi – un Paradiso Riconquistato non solo per Natan ma per tutti.» (LA Weekly, J. Hoberman)

«Commovente ma mai sentimentale, focalizzato sull’ambiente ma in modo rigoroso, questo è un film di grande freschezza e semplicità, nel quale i drammi e le responsabilità genitoriali esistono all’interno di una bolla di beatitudine tropicale.» (Time Out, David Jenkins)

«Senza che il regista faccia ricorso al sentimentalismo, sperimentiamo il legame che viene a rafforzarsi tra padre e figlio. La loro felicità è contagiosa.» (San Francisco Chronicle, David Lewis)

«Elegantemente fotografato da González-Rubio, Alamar fa di ogni inquadratura una composizione.» (New York Times, Stephen Holden)

«Un bellissimo appassionato film dal regista-operatore-montatore Pedro Gonzalez-Rubio che gioca sul confine tra documentario e fiction.» (Variety, Jay Weissberg)

«Un’osservazione semplice e non sentimentale del legame tra padre e figlio, Alamar tocca le corde del cuore con gentilezza, con una storia per lo più silente che sta a cavallo tra finzione e documentario. Si dice così poco sugli aspetti della trama che siamo liberi di trarre le nostre conclusioni sul mondo che Natan abita. Alamar è uno sguardo semplice, privo di sentimentalismo, sul legame tra padre e figlio e un modo di vivere in via d’estinzione.» (Linda Barnard, Toronto Star)

Pedro González-Rubio conduce lo spettatore in un viaggio di piacere attraverso il rituale senza tempo della pesca e della pulizia del pesce, e il naturale progredire dell’amore paterno nel corso di alcuni giorni.» (Boston Globe, Loren King)