Amici miei

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AMICI MIEI

un film di Mario Monicelli
con Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Duilio del Prete
sceneggiatura: Pietro Germi, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
fotografia: Luigi Kuveiller ● montaggio: Ruggero Mastroianni ● musiche: Carlo Rustichelli
produzione: R.P.A Cinematografica, Rizzoli Film
distribuzione: Medusa 
Italia, 1975 ● 130 minuti

David di Donatello 1976: premio per la miglior regia e per il miglior attore (Ugo Tognazzi)

Una pietra miliare della commedia all’italiana, uno dei migliori film di un maestro del cinema popolare, un ritratto agrodolce e irresistibile della mezza età.

Perozzi, Melandri, Mascetti, Necchi e Sassaroli: cinque amici con la mentalità di altri tempi. Ormai cinquantenni, ma rimasti ragazzi, sono pronti a improvvisare situazioni burlesche a Firenze e nei dintorni. All’inizio erano quattro e il Sassaroli, primario di una clinica, li conobbe quando – ricoverati per un incidente – misero a soqquadro l’ospedale. Cominciò a trattare con loro quando il Melandri si innamorò di Donatella, moglie del clinico, fraternizzò con tutti dopo che lo stesso Melandri dovette cedere davanti all’irruenza della Donatella, del cane Birillo e del resto della famiglia appioppatogli. Eccoli, i cinque ragazzi, schiaffeggiare dalla pensilina i viaggiatori di un treno, oppure seminare il panico in un paesino camuffandosi da tecnici stradali e decretando l’abbattimento delle case nonché della chiesa per far spazio a un’autostrada, eccoli trasformarsi in spacciatori di droga per punire l’ingordo pensionato Righi.

«Direi che “Amici miei” è un film fiorentino nell’animo, visto che proprio dall’ambiente fiorentino provenivano tutte le leggende metropolitane che mettemmo in scena. Non avevo inventato niente, erano tutte cose che si raccontavano. Beffe improbabili, certo, ma forti e che funzionavano da un punto di vista narrativo. Un esempio? La scena del treno fu un incubo girarla: non tutti i treni si prestavano alla situazione, le comparse vennero pensando di fare semplicemente i passeggeri… e si beccarono sonori schiaffoni tutta la notte!» (Mario Monicelli)

«C’è Firenze, ci sono le zingarate, l’amarezza e l’amicizia. La morte e il genio di Mario Monicelli. Anzi. A dire il vero il film doveva dirigerlo un altro grande regista, Pietro Germi. Quest’ultimo gravemente malato propose proprio a Mario Monicelli di farlo. Due genialità insieme hanno creato un film monumentale per il cinema italiano esportato all’estero che tutti non possiamo dimenticare. Con “Amici Miei” si apre uno scenario diverso. Una comicità cinica, insolente, crudele, soprattutto fiorentina. » (Maria Giorgia Vitale, Cinematographe.it)