Euforia

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Euforia

un film di Valeria Golino
con Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Isabella Ferrari, Valentina Cervi, Jasmine Trinca
sceneggiatura: Francesca Marciano, Valeria Golino, Valia Santella, Walter Siti
fotografia: Gergely Poharnok ● montaggio: Giogiò Franchini
musiche: Nicola Tescari
produzione: HT Film, Indigo Film
distribuzione: 01 Distribution
Italia, 2018 ● 115 minuti

v.o. in italiano

Festival di Cannes, 2018: in concorso nella sezione Un Certain Regard

Alla sua seconda prova da regista Valeria Golino torna sul tema della malattia, con un film che esalta il valore dei piccoli gesti fino ad arrivare a una riflessione più ampia su come l’irrompere di una malattia modifichi le dinamiche relazionali portando allo scoperto nodi irrisolti ma anche aprendo spazio a un nuovo modo di guardare all’altro.

Matteo è un giovane imprenditore di successo, spregiudicato, affascinante e dinamico. Suo fratello Ettore vive ancora nella piccola cittadina di provincia dove entrambi sono nati e insegna alle scuole medie. È un uomo cauto, integro, che per non sbagliare si è sempre tenuto un passo indietro, nell’ombra. Sono due persone all’apparenza lontanissime. La vita però li obbliga a riavvicinarsi e una situazione difficile diventa per i due fratelli l’occasione per conoscersi e scoprirsi, in un vortice di fragilità ed euforia.

«Se mi fermo a teorizzare trovo che questo e il precedente siano due film speculari e opposti. In Miele la protagonista portava dolcemente la morte, qui invece uno dei due personaggi cerca di rimuoverla del tutto, di poterla combattere. Ma sono ragionamenti che faccio col senno del poi. Erano mesi che leggevamo e cercavamo storie, ma non sentivo nessuna urgenza. In quel periodo ho iniziato a vivere un’esperienza vera, personale, che stava vivendo un mio amico. Storia che poi è molto simile a quella che raccontiamo nel film. L’abbiamo romanzata e rielaborata, certo, anche se i piccoli avvenimenti presenti nel film sono alcuni dei racconti di questo mio amico» (Valeria Golino)

«Valeria Golino, alla sua opera seconda dopo Miele, scrive e dirige un film nuovamente coerente per quello che riguarda eleganza e linguaggio cinematografico. C’è ancora una volta la morte all’orizzonte, ma quello su cui si concentra l’attrice/regista napoletana è il nuovo modo di concepire la fratellanza tra due persone fino a quel momento divise per formazione e carattere, costrette dalla vita e dalle inclinazioni ad allontanarsi e nuovamente costrette dalla vita a ricalibrare il loro legame. (…) Non c’è mai lo scadimento nel banale, le poche scene madri presenti nel film riescono a mantenersi credibili anche grazie alla straordinaria prova dei due protagonisti, con Scamarcio davvero sorprendente e Mastandrea compassato al punto da rendere quell’incertezza della malattia così autentica, e dolorosa. Ma non è “semplicemente” un film doloroso, questo della Golino. (…) Alla fine, quello che resta davvero, è tutto in quel commovente abbraccio sotto le coreografie folli e impreviste di un meraviglioso stormo nell’azzurro del cielo romano.» (Valerio Sammarco, Cinematografo.it)