Il viaggio di Yao

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IL VIAGGIO DI YAO

un film di Philippe Godeau
con Omar Sy, Lionel Basse, Fatoumata Diawara, Germaine Acogny, Alibeta, Gwendolyn Gourvenec
sceneggiatura: Agnès de Sacy, Philippe Godeau ● fotografia: Jean-Marc Fabre
montaggio: Hervé de Luze ● musiche: -M- (Matthieu Chedid)
produzione: Pan-Européenne
distribuzione: Cinema Distribuzione
Francia, 2018 ● 103 minuti

v. doppiata in italiano

Appena mascherato sotto il personaggio di un attore celebre Omar Sy va alla radice (e alle radici) della questione, recitando e co-producendo un film girato in Senegal e costellato di referenze autobiografiche.

Yao, un ragazzino di 13 anni che vive in un villaggio nel nord del Senegal, è disposto a tutto pur di incontrare il suo eroe, Seydou Tall, un celebre attore francese. Invitato a Dakar per promuovere il suo ultimo libro, Seydou si reca per la prima volta nel suo paese d’origine. Per realizzare il suo sogno, il giovane Yao organizza la sua fuga e intraprende un viaggio in solitaria di 387 chilometri per raggiungere la capitale. Commosso dall’incontro con il bambino, l’attore decide di sottrarsi ai suoi obblighi professionali e di riaccompagnarlo a casa. Ma sulle strade polverose e incerte del Senegal, Seydou comprende che il percorso verso il villaggio del suo giovane amico, in realtà è anche un percorso verso le sue stesse radici.

«L’idea di questo film mi è venuta molto tempo fa. Ne ho parlato con Omar Sy perché ho intuito che sarebbe stato sensibile a questa storia, che ne avrebbe condiviso gli aspetti intimi e i valori che trasmette. Al di là della bellezza estetica ed esotica del Senegal, sono soprattutto i principi intrinsechi alla sua cultura che mi toccano e che volevo che emergessero nel film: il senso della famiglia, della condivisione, dell’accoglienza, della fede che si percepisce in modo molto forte quando ci si trova nel paese. (…) Ho cercato di far sentire che, non lontano da noi, ci sono persone che vivono in modo differente e che questa diversità è una fonte di ispirazione.» (Philippe Godeau)

«È molto più che un road-movie, o un viaggio iniziatico alla scoperta di una cultura e di una spiritualità sconosciuta, ma diventa una vera e propria riflessione sull’identità. Cos’è bianco e cos’è nero? Quali sono gli elementi per definire l’identità di una persona e come cambia la percezione che ne hanno gli altri in base al luogo in cui si trova? Il viaggio di Yao è tutto questo e Philippe Godeau è in grado di condensare una riflessione esistenziale così complessa in termini umani più che trascendenti, come gli incontri che Yao e Seydou fanno durante il viaggio, che sono in grado di trasmettere i valori della cultura africana e la sua profonda spiritualità in pochi semplici gesti, riducendo al minimo le parole per dare massimo risalto al corpo. Tuttavia sembra che Philippe Godeau non abbia il coraggio di andare oltre le colonne d’Ercole di questa terra, e che si fermi sulla soglia, un attimo prima di portare i i suoi personaggi fino in fondo al loro viaggio, lasciando sospeso il tempo del racconto, come se attendesse che siano loro stessi a scriverne il finale. E forse è giusto così.» (Valeria Brucoli, sentieriselvaggi.it)