ANATOMIA DI UNA CADUTA

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ANATOMIA DI UNA CADUTA
Anatomie d’une chute

un film di Justine Triet
con Sandra Hüller, Samuel Theis, Swann Arlaud, Jehnny Beth,
Milo Machado Graner, Saadia Bentaïeb
sceneggiatura: Justine Triet, Arthur Harari ● fotografia: Simon Beaufils
montaggio: Laurent Sénéchal
produzione: Les Films Pelléas
distribuzione: Teodora Film
Francia, 2023 ● 150 minuti

v. doppiata in italiano

2023, Cannes: Palma d’oro
Bruxelles IFF: premio del pubblico

Al suo quarto lungometraggio Justine Triet colpisce ancora una volta con un film ricco di suspense. Un racconto che si articola attorno al labirinto della verità e alla difficoltà di definirla e una vera e propria dichiarazione d’amore alla sua attrice, Sandra Hüller, con un magnifico ruolo fatto su misura per lei.

Lui è un insegnante, lei una scrittrice e il loro figlio, Daniel, è un ragazzo ipovedente di 11 anni. I tre vivono in un cottage isolato vicino a Grenoble, ma la loro vita viene sconvolta quando Samuel, il padre di famiglia, muore in circostanze misteriose. Suicidio o omicidio? È impossibile stabilirlo e Sandra, la moglie, viene presto sospettata dell’omicidio. Si tiene un processo per decidere il caso ed esaminare l’anatomia della caduta.

«Volevo realizzare un film sulla caduta di una coppia. L’idea era raccontare la caduta di un corpo in modo tecnico, trasformandola nella metafora della caduta di una storia d’amore. Questa coppia ha un figlio che scopre la storia dei suoi genitori in un processo, un processo che dissacra metodicamente la loro relazione, e questo ragazzo passa dall’infanzia, rappresentata dalla sua fiducia assoluta nella madre, al dubbio. E il film osserva questa transizione. Nei miei film precedenti, i bambini erano presenti ma non avevano voce; erano lì, ma non avevamo il loro punto di vista. È come se fosse arrivato il momento di integrare il punto di vista del bambino nella narrazione, di bilanciarlo con quello di Sandra, il personaggio centrale.» (Justine Triet)

«”Cosa vuole sapere?”. La protagonista di Anatomie d’une chute non potrebbe porre domanda più appropriata nella scena iniziale del film (…). In effetti, ne sapremo molto di più su di lei al termine della storia, ma forse non tutto, perché l’arte della regista francese sta proprio nel padroneggiare la trama sottile di una storia sbalorditiva in modo delicato, graduale, frugando meticolosamente, con stupefacente precisione, nei recessi più inaspettati, senza mai imporre il proprio punto di vista o la propria morale al pubblico. (…) Estremamente abile nel dosare le atmosfere, Justine Triet dipinge un quadro accurato che descrive la linea sfocata tra le teorie della manipolazione e la natura sinceramente complessa del caso. Garantendo la credibilità, l’accessibilità e la natura realistica del suo approccio sofisticato e unico, la regista firma un’opera di altissimo livello, esplorando anche la linea sottile che separa il reale dall’immaginario (l’eroina è una scrittrice), così come lo sguardo degli altri, l’influenza delle immagini e il nostro istinto protettivo. Questi temi, insieme a molti altri, vengono esaminati e intrecciati in un film incantevole di una ricchezza prodigiosa, tanto sottile quanto potente.» (Fabien Lemercier, cineuropa.org)