INSHALLAH A BOY
un film di Amjad Al Rasheed
con Mouna Hawa, Haitham Alomari, Seleena Rababah
sceneggiatura: Amjad Al-Rasheed, Rula Nasser, Delphine Agut
fotografia: Kanamé Onoyama ● montaggio: Ahmed Hafez
musiche: Jerry Lane, Andrew Lancaster
produzione: The Imaginarium Films
distribuzione: Satine Films
Giordania, Francia, Arabia Saudita, Qatar, 2023 ● 116 minuti
una storia di sopravvivenza, di emancipazione e di speranza. Per denunciare l’oppressione imposta da una società patriarcale e invitare il pubblico a riflettere su temi che abbracciano trasversalmente culture, popoli ed epoche.
Giordania. Oggi. Dopo la morte improvvisa del marito, la trentenne Nawal fatica a far fronte allo sconvolgimento della sua vita. Oltre al dolore della perdita e al ritrovarsi sola con una bambina ancora piccola, deve conciliare i rigidi orari imposti dal suo lavoro come badante di un’ anziana signora con le esigenze di accudimento ed educative della figlia Nora. Questa nuova, inaspettata situazione che le si prospetta di fronte viene ulteriormente aggravata dalle richieste del cognato Rifqi il quale, approfittando delle disposizioni della legge lì applicata della Sharia, avanza pretese di eredità per sé e per la famiglia del defunto. Pretese che arrivano al punto di prevedere anche l’ abitazione dove Nawal e Nora vivono e la stessa custodia della piccola. Nel tentativo disperato di proteggere la sua casa e sua figlia, Nawal ricorre alla menzogna, fingendo una gravidanza per prendere tempo e innescare così la presunzione che possa nascerle un figlio maschio, cosa che la tutelerebbe da qualsiasi pretesa legale di eredità.
«Sono cresciuto circondato da donne. Quando ero piccolo, in mia presenza parlavano apertamente dei problemi che avevano con i loro mariti, pensando che non ascoltassi o fossi troppo piccolo per capire. Così sono stato testimone di come la nostra società e la nostra cultura si aspettano che le donne accettino senza batter ciglio comportamenti abusivi da parte di uomini che dettano loro ciò in cui credere e come comportarsi. Questo mi ha fatto capire, in giovane età, come le donne debbano affrontare un modello oppressivo e come questo atteggiamento venga normalizzato.» (Amjad Al Rasheed)
«Al Rasheed è molto abile nel leggere anche le minime sfumature nelle espressioni dei suoi protagonisti ed è anche capace, e non era facile, di tenersi lontano dal manicheismo. Si veda la figura del fratello di Nawal che vorrebbe in cuor suo esserle d’aiuto ma non riesce a sfuggire al retaggio culturale in cui è nato e cresciuto. Affrontando al contempo i temi qui solo apparentemente contrastanti del desiderio, che diviene necessitato, di una gravidanza e del divieto dell’aborto, il regista, essendosi fatto affiancare da due donne (Rula Nasser e Delphine Agut) nello stendere la sceneggiatura, ha saputo trovare la giusta misura nel trattare temi così delicati offrendo un quadro purtroppo realistico di un contesto in cui ogni cambiamento impone una sofferenza che solo alcune sanno sostenere.» (Giancarlo Zappoli, Mymovies.it)