FILMMAKER FESTIVAL ÊTRE VIVANT ET LE SAVOIR

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ÊTRE VIVANT ET LE SAVOIR

un film di Alain Cavalier
sceneggiatura: Alain Cavalier ● fotografia: Alain Cavalier
montaggio: Françoise Widhoff ● suono: Alioscha Fano-Renaudin, Florent Lavallée
produzione: Camera One/Arte France Cinéma
Francia 2019 ● 82 minuti

v.o. francese con sottotitoli in italiano

ALAIN PAR CAVALIER

alla presenza dell’autore

proiezioni in pellicola, anteprime mondiali e incontri con autori. Dieci giorni di cinema documentario e di ricerca, libero e sperimentale. da sabato 16 novembre, al cinema beltrade arriva filmmaker festival 2019

“Un tempo pensavo che si doveva vivere molto per filmare un poco. Oggi so che filmare e vivere sono la stessa cosa”. E se l’immagine può catturare (per sempre?) istanti di vita, è anche in grado di resistere alla morte? Questo interrogativo, forse più un desiderio, guida Cavalier in un racconto quotidiano che tocca la morte e la vita, che mostra con pudore e delicatezza emozioni personali intime di affetto e di dolore.
All’inizio c’è il progetto di un altro film, tratto da Tout est bien passé, il romanzo autobiografico Emmanuèle Bernheim, sua amica da anni, scrittrice, sceneggiatrice – Vendredi soir (Claire Denis, 2002) Sotto la sabbia (Sous la sable, 2000) e Swimming Pool (2003) di François Ozon – in cui narra di come ha accompagnato il padre nella scelta di morire. Lei interpreterà se stessa, Cavalier il padre. Ma un giorno di inverno Emmanuèle telefona a Alain, ha scoperto di essere malata, le riprese dovranno essere rimandate. Il film diventa qualcos’altro, un’assenza che le immagini non sembrano poter riempire mentre il “filmeur” espone se stesso con commuovente sincerità.

Alain Cavalier (Vendome, 1931) frequenta l’IDHEC e nel 1957 inizia a lavorare come assistente di Louis Malle in Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l’échafaud, 1958) e Gli amanti (Les amants, 1958)
Nel 1958 realizza il suo primo cortometraggio, Un americain, a cui fanno seguito due lungometraggi legati all’attualità del tempo, la guerra di Algeria e le azioni dell’OAS: Le Combat dans l’île (1961) con Romy Schneider e Jean-Louis Trintignant, e L’Insoumis (Il ribelle di Algeri, 1964) con Alain Delon e Lea Massari. Nel 1968 gira La Chamade, dal romanzo di Françoise Sagan, i cui protagonisti sono Catherine Deneuve e Michel Piccoli.
Dopo un periodo di silenzio torna con un cinema di segno diverso: film a basso budget, interpretati da attori non professionisti, uno stile più sperimentale – Le plein de super (1975); Martin et Léa (1977); Ce répondeur ne prend pas de messages (1978). Nel 1980 Un étrange voyage vince in Francia il premio Louis Delluc. Ma il regista si afferma soprattutto grazie a Thérèse (1986) – premio della Giuria al Festival di Cannes – evocazione sobria e lontana dall’agiografia della vita di santa Teresa di Lisieux. La ricerca intrapresa in questo film prosegue in una serie di ritratti di donne (Portraits, 1991).
Il successivo Libera me (1993) stabilisce una nuova “cesura” nella sua filmografia: Cavalier adotta una metodo di lavorazione sempre più “spoglio”, decide di abbandonare la finzione, di lavorare con una DV, senza troupe, sul confine tra documentario (Vies, 2000) e un genere che ne fonde i codici con la finzione (René, 2002; Le Filmeur, 2004; Irène, 2009; Pater, 2011 con Vincent Lindon).
Six Portraits XL (2017) sono stati presentati a Filmmaker.