STRINGIMI FORTE

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STRINGIMI FORTE
SERRE-MOI FORT

un film di Mathieu Amalric
con Vicky Krieps, Arieh Worthalter
sceneggiatura: Mathieu Amalric ● fotografia: Christophe Beaucarne
montaggio: François Gédigier
produzione: Les Films du Poisson, Gaumont, ARTE France Cinéma
distribuzione: Movies Inspired
Francia, 2021 ● 97 minuti

v.o. francese con sottotitoli in italiano

2021 Festival di Cannes: fuori concorso nella sezione Cannes Première
candidato a due premi Cesar

Ricordi e prospettive, flashback e flashforward, per la sua nuova regia Mathieu Amalric ha scelto una sorta di fiaba nera, la storia di una giovane donna di cui scopriamo a poco a poco la verità in un film formalmente audace e di grande impatto.

All’alba di uno strano giorno, Clarisse getta un ultimo sguardo su suo marito e i suoi due bambini addormentati, esita nel lasciare un messaggio sulla tavola della cucina, poi esce, sale in macchina e parte. In un abisso di misteri, ricordi, melodie, polaroid, flashback e flashforward, tra vivi e morti, gioia e lutto, si sviluppa a poco a poco tutta un’altra storia. Forse Clarisse non è mai partita. E niente è come appare.

«Il mio film non è un’ode alla morte, lavora su una pulsione che abbiamo tutti, talmente più forte della morte, una pulsione che va verso la vita. Quell’impulso è impressionante, è una cosa dell’essere umano che mi tocca profondamente. Un giorno qualcosa di assolutamente catastrofico ci casca addosso e ‘urliamo’ che “non può essere vero”, “dimmi che non è vero”, chiediamo quasi sorridendo, ecco sono partito da quel sorriso, da quel frammento. Ho deciso di partire da lì.» (Mathieu Amalric)

«Il miglior film del concorso di Cannes 2021 non era in concorso: Serre-moi fort di Mathieu Amalric è stato inopinatamente relegato nella neonata sezione Cannes Premiere. Avrebbe meritato la competizione perché la sesta prova dietro la macchina da presa dell’attore (Lo scafandro e la farfalla, Quantum of Solace) è uno dei più ambiziosi, autoriali e dolenti film dell’anno. Insomma, qualcosa di molto vicino al grande estinto della Settima Arte ultima scorsa: il capolavoro.
È un’opera invero un po’ heideggeriana (Gelassenheit), sull’elaborazione del lutto quale “abbandono di/abbandono a” con Vicky Krieps (l’eccellente interprete lussemburghese scoperta da Il filo nascosto) che porta la croce e, insieme, ci delizia della sua apparente follia, ovvero del suo indicibile strazio, con la terragnità dolce, il pragmatismo lieve di cui è capace. […] Analessi, prolessi, incastri e dubbi, tanti dubbi e angosciosi su quel che stiamo vedendo, in ultima analisi su questo: se chi se ne va possa essere ricambiato, e come. Stringimi forte, come da titolo, ché il mondo, il suo e nostro mondo, si sgretola, e il disgelo non è salvezza, ma solo evidenza.» (Federico Pontiggia, cinematografo.it)