ENRICO CATTANEO. RUMORE BIANCO + DA SOLI INSIEME

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ENRICO CATTANEO. RUMORE BIANCO
+ DA SOLI INSIEME

● ENRICO CATTANEO. RUMORE BIANCO ●

un film di Francesco Clerici, Ruggero Gabbai
con Enrico Cattaneo
fotografia: Francesco Clerici, Ruggero Gabbai, Mattia Schaumann
montaggio: Francesco Clerici ● suono: Tommaso Barbaro, Mattia Pontremoli
produzione: Astrolab Media, Forma International
Italia, 2021 ● 32 minuti

v.o. italiano con sottotitoli in inglese

2022 Festa del cinema di Roma

● DA SOLI INSIEME ●

un film di Francesco Clerici
con Mario Airò, Vincenzo Bonaguro, Matteo Donati
sceneggiatura: Giulia Kimberly Colombo e Francesco Clerici
montaggio: Francesco Clerici ● musiche: Frankie Dunlop
produzione: Museo del Novecento Milano
Italia, 2022 ● 47 minuti

v.o in italiano

venerdì 3 marzo proiezione speciale: ospite in sala il regista Francesco Clerici

già noto a spettatori e spettatrici per il suo “il gesto de le mani”, vincitore del Premio Fipresci alla Berlinale, Francesco Clerici torna a intrecciare cinema e memoria, archivio e storia dell’arte e della fotografia in due mediometraggi dal respiro personale e intimo e legati alla cultura milanese: il primo dedicato a uno dei fotografi che più han saputo catturare lo spirito periferico della città, il secondo alla non-galleria nata quale luogo di incontro e conoscenza degli artisti.

● ENRICO CATTANEO. RUMORE BIANCO ●

Enrico Cattaneo è ed è stato un fotografo eclettico e sperimentatore, un occhio difficilmente classificabile in un filone unico: amante degli oggetti, delle opere d’arte e degli artisti di cui è diventato celebre e richiesto ritrattista, anche se è nato con i reportage e ha saputo raccontare come pochi altri la periferia di Milano. Le pareti di casa sua sono tappezzate di opere, la sua vita è scandita dal fumo, questo documentario è una picaresca ballata jazz sulle note del suo lavoro e della sua dimensione pubblica e privata, suonate nel silenzio dell’umanità ironica e sospesa del suo sguardo arrivato alla fine del percorso.

«Enrico è più forte del film, di qualsiasi film su di lui. La sua vena sperimentatrice e ironica è troppo oltre l’obbiettivo e i possibili tentativi di rendergli omaggio. prima che ci presentassero credo che lui non volesse che si facesse un documentario su di lui. Poi senza nemmeno volerlo, ha cambiato idea piano piano, senza mai dirlo apertamente. Fatto sta che attorno a lui siamo diventati sempre di più e la sua figura ha affascinato anche Ruggero Gabbai che con più persistenza di me è riuscito a riprenderlo nella sua dimensione pubblica (la mostra “Take Away” che forse più di ogni altra rende giustizia alla sua generosità e umiltà autoironica) e a fargli un’intervista in cui -come sempre in situazioni “serie”- attua un autosabotaggio: Enrico non si prende mai davvero sul serio. Nelle pause e nelle “lamentele” di quella chiacchierata c’era tutto il suo lato privato, nelle sue foto e nei suoi ricordi c’è una piccola parte del suo talento professionale, artigianale. Enrico era un chimico, un matematico, un alchimista. Un tecnico (nel senso di Techne greco) che giocava con le immagini così come giocava con le persone. Che amava gli spazi periferici come le opere d’arte.» (Francesco Clerici)

● DA SOLI INSIEME ●

L’archivio di via Lazzaro Palazzi si racconta usando solo materiale d’archivio contenuto al suo interno. Realizzato per il progetto “L’archivio come opera in divenire. Lo Spazio di Via Lazzaro Palazzi al Museo del Novecento di Milano” coordinato da Iolanda Ratti e Cristina Baldacci. 13 voci che si intersecano e a volte sovrappongono, VHS e video d’artista, bollette di affitto e fotografie di performance e opere: un flusso, un “avanblob” per dirla con  il titolo della mostra più importante del gruppo di Lazzaro Palazzi, che racconta dall’interno questa esperienza artistica.

«La sfida registica mi sono accorto subito che era quella di mettere assieme le diverse voci e i diversi ricordi in modo da ricostruire una nebulosa che è quella di una memoria condivisa che però è diversa (e simile) per ciascuno: uno spazio per sua natura fragile e dai confini poco netti, quello della memoria personale di un tempo insieme. Lo spazio di Lazzaro Palazzi era composto da un coro di tante voci diverse che si sovrappongono, si rincorrono, si respingono, si attraggono, per cui sin da subito ho cercato di pensare a una struttura di rievocazione audio che cercasse di restituire quella dimensione: e così Il tessuto narrativo attraverso cui “guardare” i materiali d’archivio è costituito dall’intrecciarsi delle voci degli ex membri. E se un archivio si racconta e riflette su stesso, il modo più naturale possibile è che lo faccia senza interventi esterni, nell’universo vasto ma claustrofobico dei documenti in esso raccolti (foto, audio, bollette, VHS, opere di videoarte, inviti, comunicati stampa) e nelle riprese fatte per la loro storia orale. Tutto ciò che “si vede” nel montaggio finale del film fa parte dell’archivio stesso, costruito totalmente come un fund footage film.» (Francesco Clerici)