ÉL

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ÉL

un film di Luis Buñuel
con Arturo de Córdova, Delia Garcés, Aurora Walker, Carlos Martínez Baena
sceneggiatura: Luis Buñuel, Luis Alcoriza ● fotografia: Gabriel Figueroa
montaggio: Carlos Savage ● musiche: Luis Hernández Bretón
produzione: Ultramar Films
distribuzione: Cineteca di Bologna
Messico, 1953 ● 93 minuti

v.o. messicano con sottotitoli in italiano

opera emblematica del periodo messicano del maestro spagnolo e giunto a 70 anni dal suo esordio, “Él” risplende nella sua nuova versione restaurata, rinnovando l’incanto per un cinema dalla impareggiabile arguzia narrativa, dall’umorismo corrosivo e dalle riflessioni morali senza tempo.

Durante la cerimonia della lavanda dei piedi in occasione del giovedì santo, il 40enne Francisco Galvan de Montemayor, ricco latifondista e fervente devoto, viene colpito dalla visione dei piedi di una sconosciuta. Una volta rintracciata la giovane, di nome Gloria, scopre che è la fidanzata del suo amico Raoul. Oggetto di una corte appassionata, in breve tempo Gloria tronca la sua relazione con Raoul per sposare Francisco che, durante la prima notte di nozze, le confessa di essersi mantenuto casto fino a quel momento. Terminato l’idillio della luna di miele, l’uomo si dimostra fin da subito morbosamente geloso e paranoico nei confronti della moglie, tanto da spingere Gloria a confidarsi con Raoul, sperando di essere creduta.

«Il merito principale del film, considerato giustamente uno dei vertici della produzione di Buñuel, è la capacità di sintesi con cui l’autore è riuscito a instillare la sua caustica poetica nelle forme appassionate del melodramma. Alla luce dell’intera opera buñueliana, Él appare oggi come uno dei lavori più compatti del celebre cineasta, nonché uno di quelli più diretti nel restituirne la visione beffarda e anticlericale. Imbastito come uno sfarzoso dramma matrimoniale (e le similitudini con l’Hitchcock di Rebecca non sono poche), Él è un melò ripiegato su se stesso, che tradisce la propria vena sentimentale in favore di una satira allucinata e sfaccettata, aguzza nella sua dimensione patologica e brillante in quella sociologica.» (Giacomo Placucci, Cinefilia Ritrovata)