NOSFERATU, IL PRINCIPE DELLA NOTTE
un film di Werner Herzog
con KLAUS KINSKI ISABELLE ADJANI BRUNO GANZ
sceneggiatura: Werner Herzog ● fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein
montaggio: BEATE MAINKA-JELLINGHAUS
musiche: POPOL VUH, FLORIAN FRICKE
produzione: WERNER HERZOG FILMPRODUKTION, GAUMONT
distribuzione: Viggo
Francia, Germania Ovest, 1979 ● 107 minuti
v.o. tedesco con sottotitoli in italiano
in occasione del nuovo Nosferatu di Eggers, al Beltrade arriva in versione restaurata il film di Werner Herzog, opera raffinata, straordinariamente interpretata da Klaus Kinski, che rinnova la figura classica del vampiro, e dalla bella e algida Isabella Adjani, perfetta nel ruolo di vittima sacrificale.
23:50
Chiamato nei lontani Carpazi per trattare un affare immobiliare, Jonathan Harker incontra nel suo castello il conte Dracula che si rivela essere Nosferatu, il non-morto. Il mostro dopo aver vampirizzato l’ospite parte per seminare la peste in Olanda, ma Lucy, la moglie di Jonathan, riuscirà a sconfiggerlo sacrificando la propria vita.
«Sebbene il mio film sia basato su quello di Murnau, non ho mai considerato Nosferatu, il principe della notte un remake. Procede per la sua strada con una sua propria identità e, in quanto nuova versione, si regge sulle proprie gambe. Il mio Nosferatu presenta un contesto diverso e una storia in parte diversa. Mi sono proposto di collegare il film alla tradizione culturale genuina della Germania, al meglio del cinema tedesco, i film muti dell’epoca di Weimar, a registi del passato la cui visione era stata stroncata dal nazismo. Un regista non può funzionare senza qualche collegamento con la sua cultura.» (Werner Herzog)
«La cavalcata finale di Harker/Dracula, con il deserto che rievoca la Fata Morgana, il miraggio, è la raffigurazione della propagazione del male, della pestilenza che annienta l’umano, lo rende schiavo di una perpetuazione infinita dello schema che vede la preda vittima del predatore. È la Messa solenne di Charles Gounod ad accompagnare la fuga verso l’orizzonte privo di confini di Harker (il resto della colonna sonora è, come d’abitudine in quegli anni, composta dalla musica cosmica dei Popol Vuh). Una fuga alla luce del sole, prova dell’evoluzione stessa del Male, che ora non teme più neanche il giorno, i raggi ultravioletti. Nel confrontarsi, e in qualche misura giocare, con Murnau, Herzog espone una verità filosofica tragica: esiste il martirio, ma questo non è redentore, non è salvifico, non comporta alcun tipo di vittoria. Il martirio è solo l’atto della sopraffazione, in realtà di per sé naturale – anche se portato a termine da una creatura soprannaturale – e destinato a diventare a sua volta sollazzo.» (Raffaele Meale, Quinlan.it)