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HOKAGE – OMBRA DI FUOCO
un film di Shinya Tsukamoto
con Shuri, Ouga Tsukao, Hiroki Kono, Mirai Moriyama, Tatsushi Ômori
sceneggiatura: Shinya Tsukamoto ● fotografia: Shinya Tsukamoto
montaggio: Shinya Tsukamoto ● musiche: Chu Ishikawa
produzione: Kaijyu Theater Co. Ltd.
distribuzione: Cat People grazie a Minerva Pictures e RaroVideo
2023, Giappone ● 95 minuti
v.o. giapponese con sottotitoli in italiano
2023 Mostra Internazionale d’Arte del Cinema di Venezia: Orizzonti
Toronto IFF: Centrepiece
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L’ultimo film del leggendario autore di “Tetsuo” arriva al cinema Beltrade grazie a CatPeople. Acclamato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia 2023, Hokage – Ombra di fuoco di Shinya Tsukamoto, uno dei registi più influenti e rigorosi del cinema asiatico, è un ritratto del Giappone sul finire della Seconda Guerra Mondiale da una prospettiva intimista e lontana da qualsiasi spettacolarizzazione bellica.
07:00
In una innominata città del giappone, la vita ricomincia a scorrere dopo la devastazione della Seconda guerra mondiale. In un piccolo ristorante giapponese quasi completamente distrutto dal fuoco, una donna si guadagna da vivere vendendo il proprio corpo. Un orfano di guerra entra furtivamente nella casa della donna per rubare, mentre un giovane soldato
smobilitato arriva come cliente. I tre incominciano una strana vita insieme. Ma dura poco: i ricordi di guerra del soldato finiscono per distruggere le vite di tutti e tre. L’orfano, dopo aver raccontato che un venditore ambulante del mercato nero gli ha offerto un lavoro, parte con lui per un viaggio, ignorando i tentativi della donna di fermarlo. Il venditore di strada è un uomo intrepido, ma il suo viaggio ha l’orrendo scopo di porre fine alle ferite che gli sono state inflitte durante la guerra.
«Hokage riprende tematiche affrontate nei miei due film precedenti, Nobi e Zan: gli effetti della guerra sugli esseri umani e l’orrore di uccidere. Zan è un film sui samurai verso la fine del loro dominio, mentre Nobi racconta la storia di alcuni soldati giapponesi mandati a combattere nelle Filippine durante la Seconda guerra mondiale. In Hokage riesamino queste tematiche attraverso il caos del mercato nero nell’immediato dopoguerra. Il film narra di un fuoco e delle ombre in continuo movimento che questo proietta tutto intorno, ma soprattutto delle persone che vivono nascoste tra queste ombre. Il titolo di lavorazione era Il progetto del dopoguerra. Dato che il mondo si sta allontanando dalla pace, mi sono sentito in dovere di girare questo film, come se fosse una preghiera.» (Shinya Tsukamoto)
«Hokage è l’anno zero del cinema di Tsukamoto, la dimensione universale di tutta la sua poetica, un racconto che tiene insieme l’ambizione letteraria dei grandi romanzi corali di guerra con l’economia del segno che il grande cineasta giapponese è andato praticando sempre più nell’ultimo decennio. Un anno zero che si aggira tra macerie del conflitto, per l’appunto, rosselliniane ma che soprattutto assume da subito l’astrazione temporale dell’ultimo Wakamatsu (Caterpillar ma anche The millenial rapture), di cui davvero con gli anni Tsukamoto sembra essere diventato il discepolo più cristallino: siamo all’indomani di una guerra ma i riferimenti ad un’epoca precisa si perdono tra i cocci di esistenze che cercano soltanto di ricostruire una minima impalcatura di vita dopo le bombe. […] Hokage vibra così in maniera spesso insostenibile di corde ancestrali come le ombre che avvolgono tutte le inquadrature, capace di lambire la dimensione dell’affresco pur mantenendo il focus ad altezza bambino, di evocare l’orrore con i primi piani sugli occhi disperati dei suoi personaggi, di raggiungere una tensione assolutamente contemporanea stratificando dissolvenze, sovrimpressioni, materia irrequieta che sedimenta e lavora incessantemente su ogni immagine, e ogni tassello di questi racconti. La forza intatta del cinema di Tsukamoto di incollartisi addosso e di non mollarti più, per i giorni successivi, ogni volta che proverai a chiudere le palpebre. Vero, irrinunciabile cinema sottocutaneo.» (Sergio Sozzo, sentieri selvaggi)