KOTOKO

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KOTOKO

un film di Shinya Tsukamoto
con Shin’ya Tsukamoto, Cocco
soggetto: Cocco ● sceneggiatura: Shinya Tsukamoto
fotografia: Satoshi Hayashi, Shinya Tsukamoto
montaggio: Shinya Tsukamoto ● musiche: Cocco
produzione: Kaijyu Theater
distribuzione: Cat People
Giappone 2011 ● 91 minuti

v.o. giapponese con sottotitoli in italiano

2011, Venezia, 68ª Mostra del cinema di Venezia, premio Orizzonti per il miglior film.

Siamo a un punto del cinema di Tsukamoto in cui diventa necessario sconfinare. Non più l’anima e il pensiero da un lato e il corpo e la sofferenza dall’altro, ma una vicenda in cui ciò che è allucinazione e ciò che non lo è condividono lo stesso spazio sullo schermo.

venerdì 23 Maggio
23:50

Una giovane donna che vive col figlio neonato è afflitta da una strana forma di allucinazione per cui viene aggredita da una versione malvagia delle persone che incontra. Gli unici momenti in cui riesce a trovare pace sono quando canta o pratica l’autolesionismo. A causa di questi disturbi psicotici, le viene sottratto il figlio e, tentando di trovare un equilibrio, intraprende una relazione morbosa con uno scrittore.

«L’attrice protagonista, Cocco, è una cantautrice piuttosto famosa in Giappone. Lei mi interessava molto, e quindi ho scritto la sceneggiatura a partire dalle varie interviste che le ho fatto. Mentre Cocco mi raccontava le sue storie, io scrivevo una sceneggiatura basata su di esse. In particolare, mi parlava di sua madre, morta sette anni fa, diventata il vero fulcro di questa sceneggiatura. Cocco parlò sì di sua madre, ma il fulcro della storia è la figura della madre nella visione di Cocco: Cocco come madre. Di tanto in tanto, le facevo leggere cosa scrivevo e lei correggeva o eliminava le cose in cui non si riconosceva. Per me era arrivato il momento di realizzare un film sulla preoccupazione da parte delle madri nei confronti dei loro figli. C’è paura per il futuro ora in Giappone, dopo quello che è successo lo scorso marzo, e questa preoccupazione è quello che volevo trasmettere.» (Shinya Tsukamoto)

«Senza mai scendere a patti con la retorica, ma giocando altresì con grande abilità tanto con le digressioni oniriche quanto con l’impianto meramente naturalistico, il cineasta giapponese porta a termine un’elegia poetica disperata ed emozionante, davanti alla quale è davvero difficile non lasciarsi corrompere dalle lacrime. La dolcezza si mescola a una violenza crudele e senza limiti, così come il riso lascia il campo alla depressione e viceversa. Un lavoro per contrapposizione che rende Kotoko una visione sconvolgente, grazie anche a un finale capace di scardinare qualsiasi resistenza emotiva.» (Raffaele Meale, Quinlan)