
Familiar Touch
un film di Sarah Friedland
con Kathleen Chalfant, Carolyn Michelle, Andy McQueen e H. Jon Benjamin
sceneggiatura: Sarah Friedland ● fotografia: Gabe C. Elder
montaggio: Aacharee “Ohm” Ungsriwong, Kate Abernathy
musiche: Eli Cohn
produzione: Rathaus Films
distribuzione: FANDANGO
2024, Stati Uniti ● 91 minuti
v.o. inglese con sottotitoli in italiano
2024 MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI VENEZIA: Sezione Orizzonti
Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”
Miglior Regia
Miglior interpretazione femminile

opera prima acclamata alla scorsa edizione del Festival di Venezia, Familiar Touch è una pellicola commovente ma vitale, che racconta la sua anziana protagonista attraverso uno sguardo inedito vicino a quello di un romanzo di formazione, con una straordinaria Kathleen Chalfant
07:00
Ruth Goldman, una donna anziana affetta da demenza senile, esce di casa per un appuntamento. Ma quello che pensa sia un hotel si rivela essere una struttura per anziani e mentre la sua identità e i suoi desideri cambiano, Ruth dovrà confrontarsi con una serie di volti, routine e ambienti nuovi, fino ad ora sconosciuti.
«Familiar Touch sperimenta con le convenzioni del racconto di formazione per mostrare come tutti siamo sempre in crescita. Le storie di anziani sono periferiche nella nostra cultura, come se desiderio, sogni e autonomia decisionale decadessero molto prima dei nostri corpi e delle nostre menti. (…) Ho iniziato a scrivere Familiar Touch poco dopo la morte di mia nonna, che aveva vissuto per molti anni con la demenza senile. Alla fine della sua vita sono rimasta turbata dal fatto che la mia famiglia avesse pianto preventivamente la sua morte.» (Sarah Friedland)
«il film ha il merito di sovvertire i canoni ricattatori del “genere” per cercare di usare la demenza senile come “possibilità” di immaginazione stilistica, narrativa ed emotiva. Il fatto che per Ruth ogni interazione con i personaggi e con i luoghi che attraversa diventi una sorta di “prima volta”, fa in modo che Familiar Touch si trasformi in un racconto di formazione “al contrario”, capace di modificarsi gradualmente e in modo quasi impercettibile nei toni e nello stile. La regia di Friedland, mettendosi quasi al servizio della protagonista, instaura un dialogo percettivo ed emotivo con lo spettatore (…). E così il film assume i contorni, quelli sì commoventi ma pieni di vita, del work in progress creativo come amorevole esorcismo nei confronti della vecchiaia e della perdita di memoria.» (Carlo Valeri, Sentieri selvaggi)