
THE MASTERMIND
un film di Kelly Reichardt
con Josh O’Connor, Gaby Hoffmann, John Magaro, Alana Haim
sceneggiatura: Kelly Reichardt ● fotografia: Christopher Blauvelt
montaggio: Kelly Reichardt ● musiche: Rob Mazurek
produzione: Film Science, MUBI, UTA Independent Film Group
distribuzione: MUBI
USA, 2025 ● 110 minuti
v.o. inglese con sottotitoli in italiano
2025 Festival di Cannes: in concorso

Il ritratto ironico e politico di una certa provincia americana negli anni Settanta, il film affida all’antieroe protagonista la metafora di tutta la fallacia e la vuotezza degli Stati Uniti di Nixon, restituendone l’energia, i tumulti, le atmosfere e, soprattutto, il grande senso di sconfitta.
20:00
In un tranquillo angolo del Massachusetts nei primi anni ’70, il falegname disoccupato James Blaine Mooney, per gli amici J.B., si reinventa come ladro di opere d’arte nel piccolo museo locale della contea. Quando pianifica il suo primo grande colpo – il furto di quattro tele del pittore astrattista Arthur Dove – le cose prendono una piega imprevista e la sua vita inizia a sgretolarsi. Costretto a una latitanza in lungo e in largo per gli Stati Uniti, il protagonista si muoverà sullo sfondo di un Paese allo sbando, segnato dalla violenza della polizia, dal sogno americano ormai naufragato e dai movimenti pacifisti contro la guerra del Vietnam.
«La domanda ricorrente nei miei film riguarda l’individuo e il suo posto nella comunità, che sia la società intorno a lui o il mondo intero. Puoi realmente vivere separato da ciò che ti circonda o, prima o poi, il suo vortice ti inghiotte? C’è qualcos’altro che ci unisce, oltre a quel vortice? Prendiamo gli anni del Watergate, dell’Iran-Contras, dell’Iraq. È l’inizio del disinganno americano nei confronti del governo. È difficile da credere ma, pensando al Watergate, oggi fa quasi ridere l’idea che la gente fosse unanimemente scioccata dal fatto che il presidente era un bugiardo. Oggi il Paese accetta una bugia dichiarata, come se mentire fosse diventata una forma di onestà. Che curva pazzesca. Cinquant’anni sono parecchi. Eppure, sembra sia passato tutto così velocemente.» (Kelly Reichardt)
«Il film racconta la peregrinazione solitaria di un uomo che ha perso scopo e direzione, e girovaga per gli Stati Uniti come un vagabondo all’epoca della Grande Depressione. In realtà J.B. può essere interpretato come il simbolo della generazione hippie, quella che ha disertato la guerra nel Vietnam (o ci ha lasciato le penne) e si è persa nelle droghe facili alla ricerca di un altro mondo possibile. In J.B. si respira lo smarrimento post sessantottino, e il contrasto fra lui e il padre “giudice supremo” è anche quello fra i figli ribelli e i padri autorevoli che ha caratterizzato quegli anni.» (Paola Casella, Mymovies.it)