LA GRAZIA
un film di Paolo Sorrentino
con Toni Servillo, Anna Ferzetti, Orlando Cinque
sceneggiatura: Virginia Jewiss, Paolo Sorrentino ● fotografia: Daria D’Antonio
montaggio: Cristiano Travaglioli ● scenografie: Ludovica Ferrario
produzione: The Apartment, Numero 10
distribuzione: PiperFilm
Italia, 2025 ● 133 minuti
v.o. in italiano
2025 Mostra del Cinema di Venezia: coppa Volpi per il miglior attore, premio Pasinetti

reduce dalle visioni liriche di Parthenope, Sorrentino torna a collaborare con Toni Servillo per un racconto capace di unire dramma, ironia e riflessione morale con saggezza ed eleganza, delineando un conflitto interiore che riflette le grandi sfide del nostro paese e della nostra politica.
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Il Presidente della Repubblica Mariano De Santis è ormai anziano e alla fine del suo mandato. Vedovo, ex-giurista e profondamente cattolico, si troverà di fronte a due ultimi dilemmi: se concedere la grazia a due persone che hanno commesso un omicidio in circostanze che potrebbero essere considerate attenuanti o se promulgare la legge sull’eutanasia.
«La grazia è una sorta di atteggiamento amoroso nei confronti del mondo e della vita. La politica dovrebbe incarnare una serie di valori che invece sempre più raramente si intravedono soltanto. Per questo mi piaceva l’idea di raccontare un politico che incarnasse un’idea alta della politica come dovrebbe essere e come invece troppo spesso non è.» (Paolo Sorrentino)
«(…) è una commedia agrodolce, a tratti amara, a tratti malinconica, a tratti persino divertente. C’è dentro tutto il cinema di Sorrentino, i temi che gli sono cari, la solitudine del potere, la nostalgia per i vecchi amori, il tempo che passa, l’ineluttabilità della memoria, il rapporto Palazzo-Vaticano, fatti convergere in una storia che incontra la Storia. (…) Nel mezzo c’è la vita, filtrata secondo lo sguardo riconoscibile di Sorrentino. C’è un uomo che deve capire come uscire dai rituali, dagli schemi, dalla torre d’avorio del diritto e lasciarsi andare. C’è l’elogio del dubitare, c’è l’umanità raccontata tra una scena madre e l’altra, tra aforismi, domande-tormentoni («Di chi sono i nostri giorni?») e sequenze visivamente potenti.» (Claudia Cattali, Wired.it)

