milano, via padova

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milano, via padova

un film di Antonio Rezza, Flavia Mastrella
con Antonio Rezza, Flavia Mastrella
sceneggiatura: Antonio Rezza Flavia Mastrella ● fotografia: Marco Tani, Flavia Mastrella
montaggio: Barbara Faonio ● suono: Massimo Simonetti
Interprete multilingua: Adil Bahir ● distribuzione: Antonio Rezza, Flavia Mastrella
Italia,  2016  ●  70 minuti

Un viaggio lungo via Padova, a Milano, sull’autobus 56, che la percorre tutta. Una zona vivacissima e multietnica di Milano si racconta attraverso le interviste ai cittadini, i canti e le musiche e attraverso la consueta sferzante ma giocosa ironia dei due artisti.

Antonio Rezza e Flavia Mastrella riprendono in mano microfono e telecamera e ritornano, come ai vecchi tempi di Troppolitani, a condurre interviste a corpo libero. Questa volta lo scenario è diverso, e le contingenze storicamente differenti: dai luoghi affollati di Roma ci si sposta a Milano, nella vivacissima Via Padova, citata più volte dai circuiti mediatici come quel quartiere un po’ Molenbeek e un po’ Brooklyn.
Il documentario non si presenta solo come un’inchiesta giornalistica svolta lungo Via Padova, in cui Rezza e Mastrella – percorrendo la strada sul bus 56 – raccontano la vita del quartiere periferico di Milano attraverso testimonianze di migranti e residenti, ma lascia emergere con queste anche i paradossi della realtà attuale, in cui è sempre più difficile concepire una città multietnica e multiculturale.

«Milano Via Padova è un lungometraggio che nasce per eccesso di zelo da un’indagine affidataci dalla Fondazione Gaetano Bertini sulla gente che vive la via. Già l’anno prima la Fondazione Bertini ci aveva incaricato di realizzare un documento sul disagio mentale. Questo film parla invece di razzismo e insofferenza e racconta, attraverso il canto, la convivenza forzata e la cultura di chi è straniero. [..] Lo abbiamo presentato ogni anno sistematicamente a Venezia e ci è stato sempre rifiutato. Anche alla Festa del Cinema di Roma e al Festival di Torino ci hanno rifiutato perché non si capiva secondo loro da che parte stiamo noi perché la nostra posizione è ambigua. Questo film lo stiamo facendo uscire in autodistribuzione per dimostrare che si può distribuire un’opera da soli in modo libero.» (Antonio Rezza)

«(…) attenzione, Milano, Via Padova non è proprio un documentario e nemmeno un’inchiesta. Il film di Antonio Rezza è più che altro la messa in scena di un paradosso. Il paradosso è quello del razzismo ai giorni nostri (…). E i veri coautori inconsapevoli, nonché i protagonisti di quest’opera cinematografica indipendente sono proprio le persone comuni, quelle che incrociamo ogni giorno per strada. Tutto comincia con una semplice domanda: “Lei ospiterebbe a casa sua un extracomunitario? In un angolo, in cucina o in salotto; tanto non dà fastidio, si mette in un cantuccio e la guarda, si mantiene da solo”. Di qui il non senso prende il sopravvento e comincia il vero divertimento, quello che solo la percezione del paradosso sa dare. Perché la vera sorpresa di questo film sta nel fatto che tutti, ma proprio tutti gli intervistati finiscono col restare imbrigliati in questo registro dell’assurdo. Per nessuno di loro è un problema manifestare il proprio pensiero rispetto all’accoglienza degli stranieri in casa propria di fronte ad una telecamera mentre uno straniero assiste di persona silenziosamente all’intervista. (…) per gli improvvisati protagonisti di questa strana commedia il potersi esprimere conta più del contenuto stesso delle proprie idee. Perché in effetti Milano, via Padova mostra anche che ciò di cui le persone sembrano aver bisogno più di tutto è proprio la possibilità di poter esternare il proprio disagio. La causa di questo disagio in realtà conta assai poco, il razzismo è solo il pretesto, il capro espiatorio di un problema di non facile soluzione». (Vania Amitrano, 2duerighe.com)