PATERSON

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paterson

un film di Jim Jarmush
con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Barry Shabaka Henley,
William Jackson Harper, Chasten Harmon, Rizwan Manji
sceneggiatura: Jim Jarmush ● fotografia: Frederick Elmes
montaggio: Affonso Gonçalves ● scenografia: Mark Friedberg
musiche: Jim Jarmusch, Carter Logan, Sqürl
distribuzione: Cinema
Stati Uniti, 2016 ● 113 minuti

v.o. inglese con sottotitoli in italiano

IN CONCORSO AL 69. FESTIVAL DI CANNES
CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2017 COME MIGLIOR FILM STRANIERO

dopo tanta attesa arriva l’ultima opera di jim jarmusch, paterson. un film poetico, sulla poesia, sulla bellezza che, come dice lo stesso paterson, spesso si trova nelle piccole cose

Paterson vive a Paterson, New Jersey, con la moglie Laura e il cane Marvin. Ogni giorno guida l’autobus per le vie della città, ogni sera porta fuori il cane e beve una birra nel pub dell’isolato. Mentre la moglie è piena di desideri sempre nuovi, fa progetti e decora ininterrottamente la casa, Paterson segue semplicemente la sua routine, mentre appunta umilmente le sue poesie su un taccuino, che porta sempre con sé. Nei suoi versi si fondono la passione per William Carlos Williams, nativo di Paterson, Ginsberg, O’Hara, ma anche il suo orizzonte quotidiano. Marito e moglie si integrano perfettamente e dalle piccole cose della loro vita scaturisce davvero la poesia.

«William Carlos Williams ha vissuto tutta la vita a Paterson esercitando la professione di medico. Era un pediatra con la passione per la poesia. I suoi poemi cantano le piccole cose, le sue idee scaturiscono dai dettagli della vita reale. La sua filosofia è fondamentale per il mio film, così come l’idea di avere due lavori. Paterson fa il poeta e l’autista, un altro celebre poeta metafisico, Wallace Stevens, era un assicuratore. Dopo la sua morte alcuni colleghi rimasero scioccati nello scoprire che per tuta la vita aveva composto poesie». (Jim Jarmusch)

«Paterson è una di quella scommesse che sembrano fare a pugni con la natura del cinema: ritmo, movimento, azione, emozioni aggressive. E ne è autore un campione del rinnovamento e della creatività indipendente degli anni Ottanta del cinema americano, a partire da titoli come Stranger than paradise e Daunbailò che segnò l’incontro con il genio di Roberto Benigni: Jim Jarmusch. La sfida, la scommessa, davvero azzardata, sta in un flusso costante e apparentemente monotono di piccoli o minuscoli gesti. Paterson che ogni mattina si sveglia per primo e accarezza e bacia la moglie prima di alzarsi e prepararsi. Paterson che esce di casa e ogni giorno raddrizza la cassetta della posta inspiegabilmente sbilenca […]. Paterson che ogni sera dopo cena fa la stessa identica passeggiatina fermandosi nello stesso bar a bere la stessa birra. E risulta coerente, non una civetteria fuori dal tempo e dal mondo, che Paterson non possieda un telefono né che faccia uso di qualsiasi altra tecnologia. La sua vita si divide tra le ore al volante del suo bus (ogni mattina lo stesso saluto con il collega controllore immigrato indiano che ripete le medesime ma anche spiritose e autoironiche lamentele sui molteplici oneri familiari), le fantasie poetiche, le affettuosità con la bella moglie perfettamente allineata a lui, le passeggiate e gli incontri cordiali con i concittadini. Un universo irreale? Una favola di semplicità non plausibile? Una favola probabilmente sì. Ma densa di vita e di sentimenti forti. Sentimenti di ribellione alla velocità imposta, al conformismo dell’allineamento forzato agli stessi pseudovalori, al consumo senza guardarsi dentro». (Paolo D’Agostini, La Repubblica)