passeri

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passeri ● sparrows

un film di Rúnar Rúnarsson
con Atli Óskar Fjalarsson, Ingvar E. Sigurðsson, Rakel Björk Björnsdóttir, Rade Serbedzija
sceneggiatura: Rúnar Rúnarsson ● Fotografia: Sophia Olsson
Montaggio: Jacob Schulsinger ● Musica: Kjartan Sveinsson
distribuzione: Lab 80 films
Islanda, Danimarca, Croazia, 2015 ● 99 minuti

v.o. islandese sottotitolata in italiano

Presentato al 40° Toronto Film Festival
Presentato dall’Islanda agli Oscar 2017

in collaborazione con Lab 80 film arriva in sala il nuovo film di Rúnar Rúnarsson, Passeri – Sparrow. Tra i bellissimi paesaggi islandesi, dove si alternano accoglienza e brutalità, avviene il passaggio all’età adulta del sedicenne Ari.

Quando la madre decide di partire per una missione in Uganda con il suo nuovo compagno, il sedicenne Ari è costretto a trasferirsi da Reykjavik nel desolato e sperduto paese dove aveva vissuto da ragazzino. Nell’estate islandese illuminata di giorno e di notte, il ragazzo dovrà crescere e fare una scelta: cogliere i piccoli segnali di bellezza che gli si mostrano, grazie anche alla presenza dolce della giovane Làra, o lasciarsi inghiottire dalla realtà che lo circonda.

«Passeri parla del passaggio all’età adulta di un ragazzo che attraversa un periodo di transizione ma il film parla anche della relazione padre-figlio, di integrazione, del ritorno alle origini, di mascolinità, amore, perdita e perdono. Se nel mio film ci sono uno o due eventi che possono essere scioccanti, la mia intenzione non è quella di impressionare gratuitamente ma di far provare la bellezza che ne segue. È un errore lasciar pensare allo spettatore che tutto è bello e luminoso come succede nelle produzioni hollywoodiane o che la vita è un inferno senza speranze come in alcuni film d’essai. Nessuna delle due opzioni è corretta, perché nella vita, quando si cade, ci si rialza e il sole splende di nuovo. C’è sempre speranza, non bisogna mai perderla». (Rúnar Rúnarsson)

«Quasi dieci anni dopo aver preso parte al cortometraggio Two birds, il giovane Atli Óskar Fjalarsson torna a farsi dirigere da Rúnar Rúnarsson, qui alla sua opera seconda, e insieme i due allestiscono un poema visivo fatto di piani frontali, sonoro d’ambiente, lunghe sequenze in tempo reale. Non c’è musica, nel film, se non quella del canto di Ari, che segna tre momenti fondamentali, e riassume in una perfetta, spiazzante sonorità quello che la parola non arriva a dire: la grazia e il dolore, la dolcezza della parte ancora bambina e l’autocontrollo di quella adulta.
La performance di Atli Óskar Fjalarsson è superba, in grado di far passare un’intera esperienza di vita da un rossore sulle guance o la paura più buia da uno sguardo senza sorriso. Gli specchi, che spesso contengono e rimandano la sua immagine, raccontano un senso di estraneità a sé stessi, di dislocazione tra il corpo e l’animo». (Marianna Cappi, mymovies.it)