una serata con LA GRANDE ILLUSION

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LA GRANDE ILLUSION presenta LA GRANDE ILLUSION

un film di Jean Renoir
con Jean Gabin, Pierre Fresnay, Erich von Stroheim, Dita Parlo
sceneggiatura: Charles Spaak, Jean Renoir ● fotografia: Christian Matras
montaggio: Marguerite Renoir, Marthe Huguet ● musica: Joseph Kosma
scenografia: Eugène Lourié
distribuzione: Cineteca di Bologna
Francia, 1937 ● 114  minuti

v.o. francese con sottotitoli in italiano

1939 Premio Oscar, selezionato ● 1937 Mostra d’arte cinematografica di Venezia
Premio al valore artistico a Jean Renoir

LA GRANDE ILLUSION presenta una serata speciale con lettura di poesie,
concerto live e proiezioni. a seguire rinfresco con dolci e vino
presentandosi alla cassa con un libro delle edizioni La Grande Illusion
il prezzo del biglietto, anziché di 7 €, sarà ridotto a 4 €

una “festa di non compleanno” diventa l’occasione per una serata in cui poesia, cinema d’animazione d’artista, musica e cinema classico si alternano in sala, alla presenza di una … non società – ma allegra combriccola – di autori ed editori, artisti e musicisti, illustratori e poeti.

corona la serata il grande film pacifista di Jean Renoir, interpretato tra gli altri da un giovane Jean Gabin, da un grandissimo Eric von Stroheim e da Dita Parlo. già celebre per la sua parte nell’Atalante di Vigo, l’attrice tedesca fu poi un’icona di riferimento per Madonna

Le produzioni librarie La Grande Illusion presentano una serata con
• Andrea De Alberti, lettura di poesie inedite
• Elisa Talentino, “Dandelion”, cortometraggio di animazione
• Altaj, “Viaggio in Islanda”, assolo di chitarra ispirato all’omonima graphic novel di Guido Scarabottolo
• Jean Renoir, “La Grande Illusion” (Francia 1937, 114 min.)
a seguire rinfresco con dolci offerti dalla pasticceria Vigoni di Pavia e vino della Tenuta Pennita di Forlì.

IL FILM DI JEAN RENOIR
Nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale, alcuni ufficiali francesi prigionieri sono chiusi in un campo di concentramento tedesco. La loro principale occupazione e preoccupazione è preparare la fuga. Ma quando il lavoro è a buon punto, vengono trasferiti in un altro campo. Questa disavventura capita loro più volte, finché il comando tedesco, con l’intento di rendere impossibile ogni velleità di fuga, li trasferisce in un vecchio castello, trasformato in fortezza. Comandante della fortezza è un maggiore, ufficiale di carriera, di nobile famiglia, che ha sul corpo i segni di gravi ferite.

«Sono assai felice che La grande illusione sia rappresentata davanti a voi, e nello stesso momento è con un sorriso amaro che sento Hitler sbraitare alla radio, esigere la spartizione della Cecoslovacchia. Siamo sull’orlo di un’altra “grande illusione”. L’atmosfera terrificante della guerra pesa virtualmente su di noi. Negli intervalli delle riprese de L’angelo del male, i fotografi, gli elettricisti, i macchinisti, gli attori, i tecnici, sbalorditi, si guardano, scuotono la testa, alzano le spalle. Se Hitler sapesse quale malessere ci procura, andrebbe in visibilio. Personalmente, rifiuto di dargli questa soddisfazione. Chi può dimenticare il Führer? Ma non permetterò che la mia ostilità nei suoi confronti influenzi le mie azioni o i miei pensieri. È dunque una questione personale tra me e Hitler. Se migliaia di uomini considerassero in tal modo questa minaccia, il flagello della guerra non si abbatterebbe ancora una volta sull’umanità.
Ho realizzato La Grande illusion perché sono pacifista. Per me, un vero pacifista è un francese, un americano, un tedesco autentico. Verrà il giorno in cui gli uomini di buona volontà troveranno un terreno d’intesa. I cinici diranno che, in questo momento, le mie parole rivelano una fiducia puerile, ma perché no? Per quante preoccupazioni susciti, Hitler non modifica per nulla la mia opinione sui tedeschi. Dalla mia più tenera età, ho amato e stimato questo popolo: se per esempio un antico affetto mi legasse ad un amico, ed egli diventasse sifilitico, sarebbe questa una ragione sufficiente per negargli la mia amicizia? Di tutto cuore e con tutti i mezzi, cercherei di ridargli la salute.» (Jean Renoir)

«La Grande illusion segna (…) il debutto della collaborazione di Jean Renoir con Julien Carette (…). Nella maniera in cui Renoir utilizza Carette, la sua sagoma scherzosa, saltellante, furba e piena di vitalità, non è difficile riconoscere un omaggio preciso a l’attore che Jean Renoir ha ammirato lungo tutta la sua carriera: Charlie Chaplin, sì Charlot, colui che sfugge ai suoi inseguitori con delle scivolate geniali o con delle astuzie infantili, si nasconde per esempio dietro una grossa donna che spingerà al momento opportuno contro il suo avversario. C’è anche questo personaggio di Carette chiamato semplicemente “L’attore” nella sceneggiatura, che permette a Renoir di introdurre ne La Grande illusion come in tanti suoi film, l’idea di spettacolo. Se consideriamo che La Grande illusion si divide in tre parti, è ben chiaro che la parte centrale è consacrata allo spettacolo, alla festa che i prigionieri vogliono dare. Innanzitutto considerano di rinunciarci venendo a sapere, durante le prove, che le truppe tedesche hanno preso Douaumont. Danno ugualmente il loro spettacolo ed è durante la grande serata in cui “l’attore” si distingue che Jean Gabin chiede il silenzio ed annuncia che i francesi hanno “preso Douaumont”. Questo determina il più bel momento del film, quando vediamo allora un soldato inglese travestito da “girl” togliersi la parrucca, slacciare a metà il suo corsetto ed intonare la Marsigliese. Quest’iniziativa conduce Jean Gabin in cella e quando ne uscirà, i tedeschi avranno questa volta “preso Douaumont”. Il passaggio di tempo, il lato interminabile di questa guerra, sono suggeriti in modo mirabile.» (François Truffaut)