ibi

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ibi

un film di Andrea Segre
con Ibitocho Sehounbiatou, Salami Taiwo Olayiwola, Mimma D’Amico,
Fabio Basile, Giampaolo Mosca, Gian Luca Castaldi, Prosper Doe
Sceneggiatura: Andrea Segre, Matteo Calore ● Fotografia: Matteo Calore
Montaggio: Chiara Russo ● Musica: Piccola Bottega Baltazar
Produzione: Jolefilm, Rai Cinema; in collaborazione con Zalab
distribuzione: Zalab
Italia, 2017 ● 64 minuti

v.o. yoruba, inglese e italiano con sottotitoli in italiano

70. Festival di Locarno: fuori concorso

venerdì 20 ottobre serata speciale con ospiti
in sala il regista Andrea Segre, il co-autore e direttore della fotografia Matteo Calore
e Valerio Azzali, direttore della fotografia di L’ordine delle cose

torna a trovarci al Beltrade Andrea Segre con IBI, il suo nuovo film documentario realizzato con e per IIbitocho Sehounbiatou, simbolo di lotta, dignità e speranza

Ibi ha fotografato e filmato la sua vita in Italia per 10 anni. Questo film nasce dalle sue immagini, dalla sua creatività, dalla sua energia. Per la prima volta in Europa un film interamente basato sull’auto-narrazione diretta e spontanea di una donna migrante, che racconta sé stessa e la sua Europa ai figli rimasti in Africa. Un viaggio intenso e intimo nel mondo difficile, vivo e colorato di un’artista visiva ancora sconosciuta. Ibi è nata in Benin nel 1960, ha avuto tre figli e nel 2000 in seguito a seri problemi economici ha scelto di prendere un grande rischio per cercare di dare loro un futuro migliore. Li ha lasciati con sua madre e ha accettato di trasportare della droga dalla Nigeria all’Italia. Ma non ce l’ha fatta. 3 anni di carcere, a Napoli. Una volta uscita Ibi rimane in Italia senza poter vedere i figli e la madre per oltre 15 anni. Così per far capire loro la sua nuova vita decide di iniziare a filmarsi. Racconta se stessa, la sua casa a Castel Volturno dove vive con un nuovo compagno, Salami, e l’Italia dove cerca di riavere dignità e speranza.

«Nel film sono presenti molte immagini realizzate da Ibi che abbiamo montato in una direzione guidata non solo dalla comprensione di ciò che a Ibi è successo (o meglio succede, nel tempo presente delle sue riprese), ma anche dal fascino che la posizione etica ed estetica di Ibi raccontano. Vogliamo che lo spettatore possa seguire l’io prenarrante di Ibi, rimanendo con lei e non vivendola come oggetto, terza persona che testimonia una condizione di ingiustizia e sofferenza. Ibi ha sofferto, ma ha soprattutto raccontato, lottato e sorriso. È con lei che lo spettatore potrà stare, senza guardarla da fuori. Anche se lei non c’è più. […] il mondo con cui Ibi ha dovuto lottare e voluto vivere, con cui Ibi ha dovuto scontrarsi e voluto incontrarsi, quel mondo c’è ancora e deve avere il coraggio di fermarsi a capire ciò che Ibi ha saputo insegnare.» (Andrea Segre)

«Da sempre vicino alle tematiche dei migranti e di chi vive lontano dalla propria patria, Andrea Segre realizza un documentario che parte da una vita, quella di Ibi, per tracciare un percorso esemplare del calvario vissuto da ogni povero costretto a girare il mondo per sopravvivere. […] La macchina da presa di Segre si concentra sul quotidiano della donna, alternando l’alta definizione digitale a ciò che la stessa Ibi riprende, in bassissima fedeltà. Ogni frammento aiuta a comprendere una nuova sfaccettatura del dramma di Ibi e, con lei, di una generazione di migranti dell’Africa Nera che, a Castel Volturno, costituiscono la comunità più popolosa d’europa.» (Emanuele Sacchi, MYmovies.it)