Dark Night

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Dark Night

un film di Tim Sutton
con Eddie Cacciola, Aaron Purvis, Shawn Cacciola, Anna Rose, Robert Jumper
sceneggiatura: Tim Sutton ● fotografia: Hélène Louvart
montaggio: Jeanne Applegate  ● musiche: Maica Armata
produzione: Ringling College Studio Labs
distribuzione: Mariposa Cinematografica
Stati Uniti, 2016 ● 85 minuti

v.o. inglese con sottotitoli in italiano

Sundance FF selezione ufficiale 2016 ●  73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, Premio Lanterna Magica sezione Orizzonti

considerato il capolavoro di Tim Sutton, un potente film sulla violenza che evita di mettere in scena la violenza, perciò diverso da Elephant di Gus van Sant, del quale è peraltro un lontano discendente

il film è arricchito dalla fotografia della francese Hélène Louvart, che ha lavorato con registi come Wim Wenders, Agnès Varda, Léos Carax e recentemente ha collaborato con  Leonardo Di Costanzo  per il suo ultimo film, L’intrusa

Liberamente ispirato al tragico caso del massacro di Aurora, Dark Night ritrae sei personaggi, compreso il giovane killer, nelle ore precedenti l’attentato criminale. Sei giovani individui galleggiano in un vuoto di relazioni, ciascuno di loro potrebbe essere l’artefice del folle gesto. Le loro azioni e il loro vissuto sembrano condurli a piccoli passi verso il dramma finale, lo stesso che si consumò nel cinema Century 16 alla prima di The Dark Knight Rises (Il cavaliere oscuro – Il ritorno, di Christopher Nolan).

«La sera del tragico attentato gli spettatori erano andati a vedere un eroe mascherato che sconfigge i cattivi, ma quello che capitò loro fu una bizzarra versione reale della storia. Mi sembrava che il massacro di Aurora fosse la rappresentazione della parte più malvagia e allo stesso tempo più americana delle arti performative e sapevo che l’industria cinematografica non avrebbe fatto alcun film su questo.
Volevo mostrare che ci sono persone che non dovrebbero avere accesso alle armi, ma allo stesso tempo volevo mostrare anche che tutti abbiamo problemi di salute mentale e in America, specialmente nelle periferie, questo problema sta allontanando le persone tra loro.
Non volevo una sparatoria. Volevo che lo spettatore lasciasse il cinema senza catarsi, senza tirare il fiato e sentirsi al sicuro, conservando la sensazione che la violenza potrebbe essere in oguno di noi ed esplodere da un momento all’altro. Volevo fare qualcosa di più di un film, un’esperienza immersiva, forse non sono riuscito a fare in modo che sia così per tutti, ma personalmente mi sono spaventato da morire quando ho rivisto il mio film al Sundance.
Il messaggio che volevo dare non è politico, è di semplice osservazione. Un occhio che osserva da un angolo il nostro paese e il suo senso di isolamento. Politicamente sono contro le armi, ma come artista volevo solo osservare la situazione. » (Tim Sutton)

«Splendidamente fotografato da Hélène Louvart e graziato dalle musiche da un altro mondo di Maica Armata, Dark Night è un film dallo stile meraviglioso che parla di violenza, nello specifico della violenza intrinseca di un paese. È soprattutto un film sull’atto del guardare, e mica si apre su un occhio per caso. È un film sul guardare un film al cinema mentre fuori dilaga la violenza, e questa violenza ormai è entrata anche in quella sala, creando un precedente come la Columbine lo fu per le scuole.
Al contrario di Elephant però, Dark Night è un film di una violenza sconvolgente senza essere violento. (…) Oggi non c’è miglior critica sociale, perché la violenza sul grande schermo l’abbiamo già vista. Più difficile è invece ipnotizzare lo spettatore con stile minimalista, quindi con i puri elementi cinematografici, trasportandolo inesorabilmente dove lui crede che si stia andando a parare. E invece il finale è ancora una volta spiazzante, roba che ti fa venire la pelle d’oca e che ti fa venir l’istinto di guardare l’uscita di sicurezza. Sutton nell’ultima parte di Dark Night si concede davvero un colpo d’ala geniale potentissimo, che ribadisce in modo elegiaco l’importanza della sala cinematografica come esperienza purissima e che allo stesso tempo offre la risposta cinematograficamente più giusta alla situazione fuori controllo degli States. Anche dalla morte, Tim Sutton, distilla dolorosa ma necessaria poesia.» (Gabriele Capolino. Cineblog.it)