MOLECOLE

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MOLECOLE

un film di Andrea Segre
con Gigi Divari, Elena Almansi, Maurizio Calligaro, Giulia Tagliapietra, Patrizia Zanella
sceneggiatura: Andrea Segre ● fotografia: Matteo Calore, Andrea Segre
montaggio:  Chiara Russo ● musiche: Teho Teardo
produzione: ZaLab Film con Rai Cinema
distribuzione: ZaLab con Lucky Red
Italia, 2020 ● 68 minuti

v.o. in italiano

77 Mostra del cinema di Venezia: film di pre-apertura

il nuovo film di Andrea Segre racconta l’arrivo del lockdown a Venezia e lo sgorgare dalle sue acque immobili di memorie e significati inattesi. Tra archivi in super8 e immagini uniche e irripetibili della città vuota, Venezia è simbolo forte e fragile di una ferita che il cinema può aiutare a elaborare.

Tra febbraio e aprile 2020 il regista Andrea Segre, mentre preparava due progetti per il teatro e per il cinema, è rimasto bloccato a Venezia a causa della diffusione del coronavirus e delle conseguenti misure di quarantena nazionale. Venezia è la città che ha ospitato e che ospita molti dei suoi progetti lavorativi, era la città di suo padre, una città complessa sotto molteplici aspetti. Questa pandemia ha “congelato” e svuotato il capoluogo veneto, riconsegnandolo alla sua natura e alla sua storia, ma anche – a livello personale – alle memorie familiari del regista, che in quei giorni ha raccolto appunti visivi e storie nel documentario Molecole. Riemerge così il legame con il padre veneziano, scienziato chimico-fisico e vero protagonista del film, morto dieci anni fa. Si mescolano in questo modo l’isolamento della città e quello più intimo e personale del regista, autore anche della sceneggiatura originale.

«Per fare un film bisogna pensarlo, scriverlo, organizzarlo, girarlo. Per Molecole non c’è stato nulla di tutto ciò. Non mi sono nemmeno accorto di girarlo. L’ho vissuto ed è uscito da solo, in un tempo e una dimensione che non potevo prevedere. Molecole è sgorgato. Come l’acqua.» (Andrea Segre)

«Questa Venezia attraversata insieme ad un gruppo di personaggi avvicinati per il documentario sembra appartenere ad un passato mitologico senza carovane di visitatori né grandi navi, e insieme ad un futuro post-scomparsa dell’umanità, fatto di luoghi-fantasma o nascosti sott’acqua o abbandonati, come le vetrine fotografate dall’autore.
Segre raddoppia puntualmente queste suggestioni con un viaggio nella memoria del rapporto con il padre defunto, nativo di Venezia, una figura rimasta sempre nel mistero per il cineasta, che cerca adesso di conoscere attraverso fotografie, lettere, continui rimandi tra il repertorio girato dal genitore e le vedute del presente.
Si percepisce il tono intimo, sincero e spesso carico di emozione di questa messa a nudo privatissima: purtroppo i due livelli non sempre riescono a coesistere nella maniera intrecciata che Segre va ricercando (anche con una serie di raddoppi fin troppo marcati, o un po’ forzati come le riflessioni scaturite dagli studi di chimica e fisica del padre). E infatti la voce narrante/pensante dell’autore interviene su ogni situazione (memore forse del lavoro postumo fatto con il diario di Glawogger per dare una forma finale a Untitled, distribuito proprio dalla ZaLab di Segre), da un lato offrendo la propria importante stratificazione soggettiva all’andamento del film, dall’altro però fissando ogni immagine al di là di tutte le altre suggestioni libere e possibili in questo flusso apertamente indeciso di memoria e profezia.» (Sergio Sozzo, Sentieri Selvaggi)