Alain Danielou – Il labirinto di una vita

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ALAIN DANIELOU – IL LABIRINTO DI UNA VITA

un film di Riccardo Diabene
soggetto: Riccardo Diabene ● fotografia: Michele Cocco, Michele Nassuato e Simone Pierini
montaggio: Mascia Calamandrei, Lorenzo Pazzi e Desideria Rayner
produzione: FIND e Kama Productions
distribuzione: Poorhouse International
Italia/Svizzera, 2017 ● 78 minuti

v.o. in inglese, italiano, francese e tedesco con sottotitoli in italiano

Visions du Reel 2017: selezione ufficiale ● Sole luna Doc Film Festival 2017: selezione ufficiale

proiezione speciale alla presenza del prof. Boccali in dialogo con Riccardo Diabene
ore 23.10 performance di danza bharatanatyam
di Lucrezia Maniscotti, Accademia Sangam

Due macchine da presa e registrazioni live raccontano la
luce, i colori e la ricchezza di un’India pulsante e uguale a se stessa,
dove antichissimi rituali si mescolano quotidianamente con il
moderno. 

Un viaggio musicale, esistenziale, spirituale: è quello di Alain Danielou che nel 1932, per sfuggire a un Occidente che gli sta stretto, con il suo compagno fotografo Raymond Burnier lascia la Bretagna per intraprendere un percorso di scoperta che lo porterà sulle rive del Gange. A Varanasi, nel palazzo di Rewa, vivrà 15 anni studiando il sanscrito, i testi vedici, la filosofia, la musica e la danza indiane, alla ricerca di un’armonia fra natura e spirito che il continente in cui è nato sembra aver dimenticato. Un film intimo, esotico, perturbante eppure familiare, che segue la complessa e fascinosa trama di una vita ma, come un labirinto, costruisce un’esplorazione più profonda dell’esistenza, destinata a riportarci al centro di noi stessi.

«L’elemento fortemente condizionante per la realizzazione di questo progetto è stato sicuramente un viaggio in camper in India e Afghanistan: viaggio durato un anno, fatto quando ne avevo sei. Quindi, la dimensione del viaggio, in questo caso musicale, è la poetica narrativa che m’interessa di più; così come il suono come elemento primordiale e le culture orientali – in particolare quella indiana – sono ciò verso cui ho indirizzato i miei interessi negli ultimi anni. Provare a riassumere la vita straordinaria di Daniélou mi sembrava una splendida sfida. La difficoltà di sintesi è stata enorme, perché si tratta di un personaggio estremamente eclettico, che si è sviluppato all’interno di moltissimi ambiti disciplinari. Fare un compendio di un’ora e venti di una vita così densa, sapendo di omettere moltissime cose, è stata la parte più difficile.» (Riccardo Biadene)

«Il flusso narrativo è travolgente, le foto, le statue erotiche dei templi indù, il Gange, l’umanità speciale, il senso di un tempo che non c’è più, la magia delle prime volte, tutto questo sommerge e disarma da resistenze western lo spettatore, coinvolto in prima persona in una immersione da capogiro nel labirinto di una vita. L’intenzionale volontà registica di incuriosire e appassionare ad una materia poco conosciuta colpisce nel segno: si esce dalla sala col desiderio ardente di ascoltare dal vivo degli interminabili e ipnotici raga di musica classica indiana o di vedere le espressioni eccessiva, codificate formalmente in mudra, di una ballerina di danza Bharata Natyam. Desiderio, ahi noi, assai difficile da esaudire.» (Fabiana Sargentini, Close-up)