all we imagine as light
(amore a mumbai)
un film di Payal Kapadia
con Kani Kusruti, Divya Prabha, Chhaya Kadam, Hridhu Haroon
sceneggiatura: Payal Kapadia ● fotografia: Ranabir Das
montaggio: Clément Pinteaux, Jeanne Sarfati
produzione: Petit Chaos, Another Birth, Chalk and Cheese Films, Arte France Cinéma
distribuzione: Europictures
Francia, India, Olanda, Lussemburgo, Italia, 2024 ● 101 minuti
v.o. Malayalam, Hindi, Marathi con sottotitoli in italiano
2024 Festival di Cannes: Premio Grand Prix Speciale della Giuria
Grand Prix della Giuria all’ultimo festival di Cannes, All We Imagine As Light (Amore a Mumbai) è il nuovo lavoro di Payal Kapadia in cui racconta i desideri, le frustrazioni e le possibili svolte nella vita di tre donne di età differenti nella megalopoli del Maharashtra. un film immerso nella cultura indiana, dove le barriere religiose, i matrimoni combinati e l’emigrazione separano le persone che si amano.
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A Mumbai la vita quotidiana di Prabha viene sconvolta quando riceve un regalo inaspettato da suo marito che è andato a vivere all’estero. La sua giovane compagna di stanza, Anu, cerca invano di trovare un posto in città dove fare sesso con il suo ragazzo. Un viaggio in un villaggio costiero offre alle due donne uno spazio dove i loro desideri possono finalmente manifestarsi.
«è come se ognuno di noi non fosse consapevole che esista un percorso alternativo nella nostra vita. Non puoi pensare ad esso perché non sai che esiste. In questo senso, volevo fare un film dove i personaggi possono immaginare, o sperare, un’altra vita. E questa storia assume un valore universale all’interno dell’opera, non importa se questa sia ambientata in India o no, tutti noi abbiamo questi pensieri.» (Payal Kapadia)
«Intrecciato con un’affascinante miscela di densità documentaristica iperrealistica e romanticismo melodrammatico nella tradizione del cinema indiano, All We Imagine as Light brilla particolarmente nei suoi primi due terzi, urbani e notturni, in cui Payal Kapadia dimostra la sua finissima capacità di distillare esteticamente e narrativamente i tanti piccoli e dispersi elementi della vita quotidiana. E se il passaggio alla luce è, per quanto piacevole, più artificiale, con un finale sconcertante, la cineasta impone comunque una firma femminista ibrida piena di fascino e di altissimo potenziale artistico.» (Fabiel Lamarcier, cineuropa.org)