CURE – DAL 3 APRILE

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CURE

un film di Kiyoshi Kurosawa
con Kōji Yakusho, Masato Hagiwara e Tsuyoshi Ujiki
sceneggiatura: Kiyoshi Kurosawa ● fotografia: Tokushô Kikumura
montaggio: Kan Suzuki  ● musiche: Gary Ashiya
produzione: Daiei Studios
distribuzione: Double Line
Giappone, 1997 ● 112 minuti

v.o. giapponese con sottotitoli in italiano

Cult del cinema giapponese di genere e non, Cure del maestro Kiyoshi Kurosawa arriva finalmente in sala in versione restaurata. un’opera che ci trasporta in una fredda Tokyo sulle tracce di una serie di inspiegabili omicidi: a guidare le indagini – che porteranno a disturbanti rivelazioni – il tormentato detective Takabe, interpretato da uno straordinario Koji Yakusho.

giovedì 3 Aprile
05:00

Tokyo, febbraio 1997. La città è colpita da un’ondata di omicidi apparentemente inspiegabili. I responsabili sono infatti persone comuni, senza alcun legame tra di loro, che uccidono incidendo una X sul collo delle vittime, per poi accusare un forte senso di stordimento. Sul caso indaga l’agente Takabe, un detective ligio al proprio dovere ma anche tormentato a causa della moglie malata di demenza precoce. Con l’aiuto dell’amico psichiatra Sakuma, Takabe riesce a risalire ad un giovane di nome Mamiya che da tempo si aggira nella capitale, apatico e senza memoria. Il detective sospetta che sia stato proprio lui a muovere la mano degli assassini, ricorrendo a oscuri poteri di ipnosi e magnetismo…

«La caratteristica principale del J Horror è quella di collocare le storie in ambientazioni quotidiane come scuole, case, uffici; luoghi molto famigliari e considerati quindi sicuri, per poi sovvertire questa sicurezza inserendo l’elemento soprannaturale. (…) Inoltre, un’altra caratteristica del J Horror è quella di associare il male non a mostri o a maniaci deformi, ma a persone normali che, spesso senza alcun preavviso, compiono gesti terribili.» (Kiyoshi Kurosawa)

«A metà strada fra il thriller psicologico e il poliziesco a tinte noir, Kurosawa tenta un nuovo approccio al genere e opera su due piani contrapposti, da un lato rispettandone i topoi più esteriori (…) e dall’altro scardinandone dall’interno struttura e stilemi (…). Toni metafisici e messa in scena realistica (campi lunghi, piani-sequenza, profondità di campo, nessuna aggiunta di musiche) per una discesa fra le pieghe più oscure della natura umana, condotta da Kurosawa in un contesto di apparente normalità in cui la violenza irrompe improvvisa e destabilizzante. Notevolissimo.» (longtake.it)