DELLAMORTE DELLAMORE
un film di Michele Soavi
con Rupert Everett, François Hadji-Lazaro, Anna Falchi
sceneggiatura: Gianni Romoli ● fotografia: Mauro Marchetti
montaggio: Franco Fraticelli ● musiche: Manuel De Sica
produzione: Tilde Corsi, Gianni Romoli, Michele Soavi
distribuzione: CG Entertainment in collaborazione con Cat People
Italia, Francia, Germania 1994 ● 104 minuti
v.o. italiano
1994 David Di Donatello: miglior scenografia
il 30° anniversario del film cult di Michele Soavi tratto dal romanzo di Tiziano Sclavi è l’occasione ideale per tornare a scoprire questo pirotecnico pastiche di commedia e horror che, dopo un iniziale rifiuto di critica e pubblico, ha guadagnato consenso e una schiera di devoti fan.
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Francesco Dellamorte lavora come custode nel cimitero di Buffalora, fiancheggiato dal fido e muto Gnaghi. Per oscure ragioni, i morti sepolti in quel luogo risorgono animati da istinti omicidi e per annientarli occorre spaccare loro la testa. Per Francesco, uccidere gli zombi è solo un atto di routine; finché un giorno, tra le lapidi, gli capita di incontrare una bellissima vedova. Sarà l’inizio di una discesa nel dolore e nella follia, tra morti viventi e vivi morenti.
«Il tempo del grande Argentismo era finito, tutto il meglio del maestro della paura era alle spalle e anche di parecchio, e Dellamorte Dellamore cercava una nuova declinazione dell’orrore in grado di non prendersi troppo sul serio, e allo stesso tempo di farlo maledettamente nella sua vocazione intellettuale: le grandi domande sulla vita e sulla morte, il senso comune di entrambe e le differenze sfumate l’una dentro l’altra fino a farle diventare inconfondibili, dentro il vestito dell’autoironia e del grottesco. Visionario, metafisico nell’ambizione eppure profondamente terreno, pieno di radici e dell’odore di decomposizione, ora etereo ora kitsch, Dellamorte Dellamore fu un Grand Guignol di oltre cento minuti tra horror, erotismo e filosofia che rappresentò qualcosa di singolare nello scenario ormai pigro del cinema di genere italiano, un’epoca probabilmente chiusa per sempre.» (Ezio Azzolini, Wired.it)