ENTER THE VOID

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ENTER THE VOID

un film di Gaspar Noé
con Nathaniel Brown, Paz de la Huerta
sceneggiatura: Gaspar Noé
fotografia: Benoît Debie ● montaggio: Gaspar Noé, Marc Boucrot, Jerome Pesnel
musiche: Thomas Bangalter
produzione: Les Films de la Zone, Wild Bunch, Fidélité Films, Bim
distribuzione: Bim distribuzione
Francia, 2010 ● 137 minuti

v.o. inglese con sottotitoli in italiano

festival di Cannel 2009: concorso internazionale

attenzione
IL FILM CONTIENE SCENE CON LUCI ABBAGLIANTI INTERMITTENTI E IMMAGINI
CHE POSSONO CAUSARE DISAGIO O CONVULSIONI A  COLORO CHE SOFFRONO DI EPILESSIA FOTOSENSIBILE.
VI CHIEDIAMO MASSIMA ATTENZIONE.

le maratonete e i maratoneti che vedono il film al mattino
possono fare una succulenta colazione da DOSA in via Venini:
aprirà presto apposta per loro!

arriva al beltrade (per la doppietta perfetta), il progetto dei sogni di Noé, il “melodramma psichedelico” ambientato a Tokyo, ispirateo dal cinema sperimentale e da visioni avute dall’utilizzo di droghe da parte dello stesso regista. Pronti a precipitare nel vuoto?

Oscar e sua sorella Linda abitano da poco a Tokyo. Per sopravvivere, lui è diventato un piccolo spacciatore di droga e lei fa la spogliarellista in un night club. Una sera, durante una retata di polizia, Oscar viene ferito da una pallottola. Mentre agonizza, il suo spirito, fedele alla promessa fatta alla sorella di non abbandonarla mai, si rifiuta di lasciare il mondo dei vivi, ed inizia a vagare attraverso la città. E nelle sue visioni, sempre più caotiche e da incubo, passato, presente e futuro si confondono in un vortice allucinatorio.

«La struttura di Enter the Void si ispira effettivamente a quella del Libro tibetano dei morti, ma noi non l’abbiamo seguita alla lettera. Gli avvenimenti che si susseguono sono la ricostruzione di quello che Alex spiega a Oscar, vale a dire le tappe del viaggio dell’anima del morto prima della reincarnazione. Ma alla fine del film si comprende come lo spirito di Oscar in realtà voli sopra un modellino di Tokyo e non della città vera. Si vede anche che Alex esce dal ventre di sua madre, quindi non si tratta di una reincarnazione. (…) Pertanto, non vi è un adattamento in senso stretto del Libro come molte persone hanno creduto, ritenendomi erroneamente buddista. Con Enter the Void ho cercato di mettere lo spettatore in uno stato ipnotico, come se si trattasse di un viaggio onirico. (…) Tokyo è una città molto più cinematografica e futurista di Parigi o New York. Come a Hong Kong, a Tokyo ci sono una quantità enorme di grattacieli che mi permettevano di far volare in continuazione la cinepresa al di sopra dei tetti. Inoltre, Tokyo permetteva una rappresentazione interessante del fenomeno della droga. Lì non si scherza affatto su tale soggetto.» (Gaspar Noé)

«Consapevoli che il suo cinema è solo apparentemente immorale. Non c’è ipocrisia dello sguardo, viscerale per aderenza emotiva ed esplicazione concettuale pur mantenedo una lucidità a monte, d’estrazione kubrickiana, che raffredda con distacco provocatorio, masturbatorio (il cameo del regista dentro il Rectum nel film Irreversible), la propria smania autoreferenziale, il proprio universo dei balocchi.
La verosomiglianza è irrisa dalla sua stessa trasfigurazione, nell’eccesso più plateale che non ci chiede di essere vissuto come tale bensì di essere riconosciuto per la natura transitoria, esente da giudizi di ogni sorta. Perché il tempo distrugge tutto e, a conti fatti, quel che ci rimane, è un Vuoto verso il quale dobbiamo protendere. E quel Vuoto è proprio l’immagine di fronte a noi. Letteralmente: VOID.» (Marco Compiani, spietati.it)