GRAND TOUR
un film di Miguel Gomes
con Gonçalo Waddington, Crista Alfaiate, Cláudio da Silva, Lang Khê Tran
sceneggiatura: Miguel Gomes, Telmo Churro, Maureen Fazendeiro,
Mariana Ricardo e Babu Targino
fotografia: Guo Liang, Sayombhu Mukdeeprom e Rui Poças
montaggio: Telmo Churro
produzione: Uma Pedro No Sapato, Vivo Film, Shellac Sud
distribuzione: Lucky Red
Portogallo, 2024 ● 129 minuti
v.o. portoghese con sottotitoli in italiano
2024 Festival di Cannes: miglior regia
proiezione speciale
domenica 8 dicembre ore 17.00
in sala il regista Miguel Gomes
miglior regia al Festival di Cannes, la nuova opera di Miguel Gomes è il frutto di una produzione divisa tra un lavoro in studio e l’utilizzo di riprese raccolte in precedenza, nel corso di un viaggio in Asia. tra avventura e storia d’amore, Grand Tour capovolge l’uso tradizionale del materiale di archivio, ambientando la vicenda in un passato sospeso e restituendo all’immagine cinematografica una magia fuori dal tempo.
15:10
Rangoon, Birmania, 1918. Edward, un funzionario dell’Impero britannico, fugge dalla fidanzata Molly il giorno del suo arrivo per il loro matrimonio. Durante il viaggio, però, il panico si trasforma in malinconia. Contemplando il vuoto della sua esistenza, il codardo Edward si chiede che fine abbia fatto Molly… Nel frattempo Molly, decisa a sposarsi e stranamente divertita dalla fuga di Edward, segue le tracce del fidanzato in un lungo grand tour asiatico.
«Lo studio è lo spazio cinematografico per eccellenza. Ci sono due possibilità nel cinema: registrare il mondo come lo conosciamo, mettere una cinepresa in un certo posto e filmare ciò che è davanti a noi oppure inventare il mondo – inventare un tramonto o un’alba in uno spazio senza finestre, che è uno studio» (Miguel Gomes)
«Ma in Gomes, che muove da Somerset Maugham (Il signore in salotto) per incontrare la temperie di Lav Diaz e financo i gorgheggi di Wong Kar-wai e le relazioni di Kim Ki-duk, c’è una complessione drammaturgica, una facilità narrativa e una trasfigurazione poetica con pochi eguali (…). Sopra tutto, elegia di un dispositivo, il Cinema, irriducibile alla realtà, devoto all’immaginazione, concesso al sogno.» (Federico Pontiggia, Cinematografo.it)