Happy end

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Happy end

un film di di Michael Haneke
con Isabelle Huppert, Mathieu Kassovitz, Jean-Louis Trintignant,
Fantine Harduin, Dominique Besnehar
sceneggiatura: Michael Haneke ● fotografia: Christian Berger
montaggio: Monika Willi
produzione: ARTE France Cinéma, France 3 Cinéma
distribuzione: Cinema
Francia, Austria, Germania, 2017 ● 110 minuti

v.o. francese, inglese sottotitolata in italiano

Festival di Cannes 2017: in concorso

Circondato dal suo cast di attori tra cui Isabelle Huppert e Jean-Louis Trintignant, Michael Haneke ci regala la sua nuova opera Happy End, in competizione al 70° Festival di Cannes, nella quale il cineasta austriaco ritrova con serenità, in un ambiente un po’ glaciale, i motivi più familiari del suo cinema precedente Il nastro bianco

In una sontuosa magione borghese la ricca famiglia Laurent, riflesso di una società votata all’egoismo e all’infelicità, vive la propria vita in modo anaffettivo e cinico, senza rendersi conto di non sapere più cosa conta veramente nella vita. Il pluripremiato regista, a distanza di cinque anni da Amour, Palma d’oro al Festival di Cannes, torna con un film attuale e tagliente, rigoroso e spiazzante, in pieno “stile Haneke”, impreziosito dalle interpretazioni di due mostri sacri del cinema francese, Isabelle Huppert e Jean-Louis Trintignant.

«Come autore, sono sempre alla ricerca di nuovi soggetti. Qui si può parlare di cecità nei riguardi della vita. Ma non cerco mai un tema specifico, è una cosa che mi annoia ed è procedendo in questo modo che si producono cliché. Devo essere toccato da qualcosa affinché si inneschi tutto il resto. Questo film nasce da una certa amarezza rispetto al nostro modo di vivere, di guardare solo al nostro ombelico in mezzo al mondo che ci circonda. E non è un problema francese, avrei potuto fare lo stesso film in Germania, in Austria o altrove. Il tema è il nostro modo di vivere, il nostro autismo. Dopo Amour, ho scritto un altro film che non sono riuscito a fare. Quindi mi sono dovuto rimettere a pensare e a scrivere molto velocemente perché avevo perso due anni. Poi, la scrittura è un misto di cose. Cominci a dare colore ai personaggi e allo stesso tempo si costruisce la trama. Così, in Happy End, non c’è una trama vera e propria, e neanche una grande sorpresa che crei tensione. Il mio metodo è raccontare il meno possibile per provocare il massimo di reazioni presso lo spettatore.» (Michael Haneke)

«È sempre un po’ scomoda l’operazione mediante cui vengono messi in risalto significati che il cineasta per primo non ha voluto rendere immediati, se non addirittura che non ha proprio contemplato, ma è davvero arduo resistere alla tentazione di vederci un discorso ben più ampio rispetto a quanto è immediatamente percepibile in Happy End. Quella di Haneke è una spiazzante, terribile parabola intergenerazionale che ci parla di oggi, usando i linguaggi di oggi. (…) Happy End è perciò una dark comedy europea sull’Europa, una delle migliori mai sfornate peraltro. In nessun caso viene forzata la mano, lasciando che il surreale o il sopra le righe irrompa scombinando l’accurato equilibrio su cui è riuscito a lavorare Haneke, che qui mostra un controllo ed una padronanza del proprio cinema davvero rari.» (Antonio Maria Abate, cineblog.it)