IL CAPITONE + VEDO ROSSO

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IL CAPITONE + VEDO ROSSO

IL CAPITONE
un film di Camilla Salvatore
con Vanessa Esposito, Rachele Gianniello. Ciro Riccio
sceneggiatura: Camilla Salvatore ● fotografia: Bianca Peruzzi
montaggio: Rosa Maietta ● musiche: Ciro Vitiello, Talpah, Nziria
produzione: Tyche films
distribuzione: Tyche films
Italia, 2024 ● 62 minuti

v.o. in italiano

 

VEDO ROSSO
un film di Adrian Paci
testo e interpretazione: Daria Deflorian
fotografia: Adrian Paci ● montaggio:  Adrian Paci
suono: Emanuele Pontecorvo
produzione: Fondazione In Between Art Film
Italia, 2020, 12 minuti

v.o. italiano con sottotitoli in inglese

in sala Adrian Paci e Camilla Salvatore, introduce Tea Paci

Una serata dedicata all’opera prima di Camilla Salvatore e a una nota opera di videoarte di Adrian Paci, entrambi presenti in sala, per raccontare la loro poetica di rappresentazione della unicità singolare di ogni esperienza di attraversamento del dolore e di ricerca di un’intima serenità.

Camilla Salvatore (Pompei, Napoli) è un’artista e filmmaker il cui lavoro intreccia narrazioni intime con tematiche sociali più ampie, esplorando le relazioni tra vissuto individuale e dimensione collettiva. IL CAPITONE, suo primo lungometraggio, è stato presentato a Filmmaker Fest.

Adrian Paci è un artista visivo che ha all’attivo partecipazioni nelle più importanti esposizioni d’arte internazionali. intellettuale rigoroso e sensibile, privilegia nella sua ricerca, poetica e politica al tempo stesso, i nodi sociali più problematici del contemporaneo.

giovedì 29 Maggio
21:30

IL CAPITONE
Napoli è il palcoscenico sul quale prende vita la storia di Vanessa, di sua madre Lina, di Ciro. Il documentario apre uno spiraglio sulla loro quotidianità, sul loro rapporto con l’amore, la famiglia e l’identità, rivelando i valori universali della loro esperienza. In un ritratto che oscilla fra realtà e dimensione onirica, danze sensuali e canti salvifici, Il Capitone sfiora le profondità di un’esistenza per dare forma a un riscatto collettivo.

«La scrittura del film è il frutto di un lavoro collettivo: Vanessa, Lina e Ciro hanno dato vita a diverse sequenze, mettendo in gioco tutto il loro talento. Durante i laboratori creati appositamente per coinvolgerli nella sceneggiatura, hanno scritto monologhi, ideato coreografie e composto canzoni. Sin dall’inizio del progetto, l’obiettivo è stato costruire uno spazio sicuro, un luogo in cui sogni e aspirazioni potessero prendere forma lontano dal giudizio altrui. Per noi, creare significa resistere al contesto difficile in cui viviamo. Questo viaggio è pieno di amore, le risate sincere scacciano via i dolori, la vita che continua ed è bella nonostante la sua complessità.» (Camilla Salvatore)

«Napoli, Ponticelli, Barra. Il Vesuvio è solo una cartolina sfocata, dietro le spalle di una giovane, bellissima donna che crescendo sta insegnando al mondo come vuole farsi chiamare. Palazzoni anonimi, i binari della circumvesuviana, trucchi e sigarette, Maria Nazionale cantata allo specchio, l’amore struggente, le ballrooms dove i corpi si librano nella danza che è catarsi. Frammenti di vita, di resistenze nelle quotidiane lotte per l’affermazione del sé, in periferie esistenziali e reali che a tratti evocano tinte di ruccelliana memoria. È un documentario prezioso, intriso di senso, di poesia Il Capitone, lungometraggio della talentuosa Camilla Salvatore (Torre del Greco, classe 1993) che ci conduce nelle esistenze ordinarie ma complesse di Vanessa e Ciro, persone trans, persone e basta, nei loro affetti, desideri, costruzioni di futuro. Commovente, nelle sequenze orchestrate di immagini, prese di parola, esplosioni interiori, bellezza fuori canone, sovversiva» (Francesca Saturnino, Il Manifesto)

 

VEDO ROSSO
In Vedo rosso le immagini sono pressoché assenti: lo schermo è saturo di un rosso palpitante che, solo per alcuni istanti, è interrotto dalla comparsa di un occhio. La scelta, quasi paradossale, di affrontare il dramma della violenza domestica attraverso la negazione dell’immagine rivela una sorta di “impossibilità” del racconto: il rosso, infatti, è quello di un dito che ostruisce la telecamera del telefonino, una sorta di errore, di disturbo della registrazione delle immagini che sovente accade.
Gli occhi che fanno una fugace apparizione sono frammenti di ritratti filmici di rifugiate siriane che Paci ha girato a Beirut nel 2018: anche qui siamo di fronte a un movimento – quello migratorio e legato alla salvezza – che viene negato, insieme con la possibilità, spesso sottratta ai rifugiati, di raccontare la propria storia al di là delle semplificazioni prodotte dei media. Un testo dell’autrice teatrale e attrice Daria Deflorian fornisce la struttura narrativa: qui il potere del racconto trasforma l’assenza di immagini in uno spazio drammaturgico e di ascolto cui lo spettatore non può sottrarsi, e che trasmette tanto la complessità e le contraddizioni dell’abuso quanto la vischiosità di certe relazioni.

«Cosa fa tutto quel rosso con il nostro sguardo? (…) L’occhio ne è come catturato, lo sguardo realizza la propria esperienza esclusivamente nel suo essere tenuto in ostaggio da quel rosso denso come il sangue di cui racconta la voce dell’attrice. Qui c’è uno sguardo che vede proprio perché non vede più. Se vede è solo perché sullo schermo si addensa la potenza espressiva del colore, in una ripresa sulla quale, fotogramma dopo fotogramma, l’artista abbia steso sopra una pennellata di rosso. (…) forse non si può testimoniare se non attraverso un disturbo? Del resto, la testimonianza non è mai una rappresentazione. (…) Tuttavia, essere privati della vista mantiene, in un certo senso, un’eco lontana di quella violenza di cui prova a fornire testimonianza. (…) Qui, in questa storia smembrata e dilaniata da una violenza doppiamente insensata e vigliacca, la vista non ha accesso. Qui tutto è dispiegato dalla voce, ma non c’è niente da comprendere, in un certo senso. Solo da seguire, senza sapere dove ci condurrà. » (Gianluca Solla, Sul colore della violenza. Per Adrian Paci)