Il cielo sopra Berlino

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IL CIELO SOPRA BERLINO
DER HIMMEL üBER BERLIN

un film di Wim Wenders
con Bruno Ganz, Solveig Dommartin, Otto Sander, Curt Bois, Peter Falk
sceneggiatura: Wim Wenders con la collaborazione di Peter Handke ● fotografia: Henri Alekan
montaggio: Peter Przygodda ● musiche: Jürgen Knieper
produzione: Road Movies GmbH, Argos
distribuzione: Cineteca di Bologna
Repubblica Federale Tedesca, Francia, 1987 ● 130 minuti

v.o. tedesco con sottotitoli in italiano

1987 Festival di Cannes: miglior regia

Il cielo sopra Berlino è abitato da angeli. Condividono lo spazio, ma non il tempo, né il colore, con gli umani. Ispirato da Rilke e con l’importante collaborazione di Peter Handke, Wenders ci propone una riflessione sull’esistere, all’indomani della seconda guerra mondiale. Due anni dopo sarebbe caduto il Muro.

lunedì 2 Ottobre
21:40

Dalla fine della seconda guerra mondiale, due angeli – Damiel e Cassiel – svolgono la missione loro assegnata, aggirandosi nella Berlino odierna, ascoltando i pensieri lieti o tristi delle persone incontrate, che essi vedono solo in bianco e nero.

«L’idea è sorta contemporaneamente da diverse fonti. Anzitutto dalla lettura delle Elegie duinesi di Rilke. Poi tempo addietro dai quadri di Paul Klee. Anche dall’Angelo della storia di Walter Benjamin. D’un tratto ascoltai anche un brano dei Cure che parlava di ‘fallen angels’ […]. Riflettevo anche su come in questa città convivano, si sovrappongano i mondi del presente e del passato, immagini doppie nel tempo e nello spazio, a cui venivano ad affiancarsi ricordi d’infanzia, di angeli in veste di osservatori onnipresenti e invisibili.» (Wim Wenders)

«Ispirato da Rilke e con l’assolutamente importante collaborazione di Peter Handke, Wenders ci propone una riflessione sull’esistere che si fa cinema, pensiero e azione. Cinema innanzitutto e fin dalle primissime immagini con l’angelo Bruno Ganz che viene visto dai bambini in un affascinante bianco e nero. Quell’angelo è un ‘collega’ degli ‘angeli’ registi che Wim sente vegliare su di lui: Truffaut, Ozu e Tarkovskij a cui dedica il film alla fine. Ma è anche colui che sente il bisogno di superare la fase di ‘ascolto’ della vita per immergervisi completamente. Non basta osservare la realtà e condividerne, anche se sempre con distacco, i sogni e le disillusioni. Bisogna entrarvi con il peso della passione e del dolore.» (Giancarlo Zappoli, mymovies.it)