
L’APPUNTAMENTO
Najsrekjniot chovek na svetot
un film di Teona Strugar Mitevska
con Jelena Kordic Kuret, Adnan Omerovic, Labina Mitevska
sceneggiatura: Teona Strugar Mitevska, Elma Tataragic
fotografia: Virginie Saint-Martin ● montaggio: Per K. Kirkegaard
produzione: Sister and Brother Mitevski
distribuzione: Teodora Film
Macedonia del Nord, Danimarca, Belgio, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, 2022 ● 100 minuti
v.o. bosniaco con sottotitoli in italiano
martedì 4 aprile ore 21.15 ● proiezione speciale, presente in sala la regista Teona Strugar Mitevska
acquista i biglietti online QUI
oppure prenota@cinemabeltrade.net
2023 Palm Springs IFF: menzione speciale

la regista di “Dio è donna e si chiama Petrunya” indaga le cicatrici del popolo bosniaco con il suo stile dinamico e agile, capace di intrattenere con intelligenza e di sfruttare tutte le dinamiche della sua sceneggiatura per coinvolgere e interrogare lo spettatore.
21:15
Asja è una donna single di 40 anni e per incontrare l’anima gemella si iscrive a un buffo evento di speed dating. Qui conosce Zoran, un uomo misterioso e di bell’aspetto con cui all’inizio sembra nascere una sintonia speciale. Ma Zoran non è lì per cercare l’amore: c’è un segreto nel suo passato che riguarda proprio Asja e che ha unito i loro destini…
«Cosa ci definisce: la nostra etnia, la nostra religione, il nostro genere? Cosa ci divide o ci unisce? Questa è una storia sulla precarietà della vita, sugli incontri casuali che uniscono l’aggressore e la vittima, riportando in vita il passato doloroso; è una storia di connessioni impossibili, di amore e di assurdità. (…) È una poesia d’amore per Sarajevo. Perché ai tempi della Jugoslavia, Sarajevo e la Bosnia erano il simbolo della diversità, un magnifico melting pot e un centro di cultura effervescente, di arte nelle sue forme più progressiste.» (Teona Strugar Mitevska)
«È una regista talentuosa la Mitevska, sempre attenta ad ogni dettaglio della messa in scena, ma soprattutto capace di restituire un film incredibilmente stratificato, in cui il racconto della guerra e del passato traumatico di un Paese riempie l’aria ancor prima di emergere con la rivelazione di Zoran, e colora gli interni e gli esterni come fosse un mood, un’atmosfera che soggiace al fondo di ogni volto e storia e che non di meno non può non risalire a galla in ogni suono dell’ambiente circostante, in un piatto che si rompe all’improvviso per colpa di un cameriere distratto o nello sbattere di una porta.» (Alice Catucci, Sentieri Selvaggi)