L’anno nuovo che non arriva
the new year that never came
un film di Bogdan Muresanu
con Adrian Vancica, Nicoleta Hâncu, Emilia Dobrin
sceneggiatura: Bogdan Muresanu ● fotografia: Boroka Biro, Tudor Platon
montaggio: Vanja Kovacevic
produzione: Kinotopia
distribuzione: Trent film
Romania, 2024 ● 138 minuti
v.o. rumeno con sottotitoli in italiano
2024 Mostra del cinema di Venezia: Orizzonti

Romania, dicembre 1989. Mentre il regime di Ceaușescu vacilla e il Paese trattiene il respiro, sei vite si intrecciano nell’attesa di un anno nuovo che sembra non voler cominciare. Tra paura, ironia e speranza, il film intreccia destini individuali e collettivi in un momento sospeso della Storia. Una tragicommedia corale che racconta la fine di un’epoca — e l’inizio di un’altra.
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Sull’orlo della rivoluzione in Romania del 1989, sei vite si incrociano tra proteste e lotte personali, portando alla caduta esplosiva di Ceausescu e del regime comunista.
«Quello che mi interessava era raccontare gli ultimi momenti che hanno portato alla caduta del dittatore: la vediamo, alla fine, in diretta nel materiale d’archivio. C’è un bellissimo documentario che lo racconta Videograms of a Revolution di Harun Farocki e Andrei Ujica, del 1992. La Rivoluzione rumena è stata forse la rivoluzione con la maggiore copertura televisiva della storia. Assistiamo in diretta alla caduta di un dittatore. La trovate su Youtube. È la prima volta, e speriamo non sia l’ultima, che vediamo un dittatore passare, nella frazione di un istante, dallo status di idolo a quello di un vecchietto in pensione che non capisce cosa gli sta succedendo.» (Bogdan Muresanu)
«Il 17 dicembre 1989 è una data cruciale per la Romania. È il giorno che a Timisoara è stato comandato all’esercito di aprire il fuoco sulla folla inerme che gridava slogan come “Pane e libertà”. Attorno a quel momento, che getta una luce macabra sulle rivoluzioni di velluto in atto in quegli anni nei territori dell’Est Europa, Bogdan Mureşanu costruisce un racconto corale. Tesse una tela di personaggi molto fitta, e con il passare dei minuti ci introduce nelle loro case o nei posti di lavoro. C’è l’attrice che per salvare la sua carriera è costretta ad intonare il canto natalizio patriottico, e vorrebbe soltanto imbottirsi di Valium, lo studente che vuole fuggire attraversando il confine nuotando nel Danubio, la donna che non riesce ad accettare la demolizione della casa dove vive da sempre, in un’area destinata a nuovi nuclei abitativi statali. […] Bogdan Mureşanu trova nel suo terzo lungometraggio un ottimo equilibrio tra le parti superando le difficoltà della narrazione polifonica, lasciando alla Storia il compito di fare da trait d’union. E riesce ad agganciarsi all’attualità attraverso la tematica della manomissione, trucchi ed artifici ormai regola del contemporaneo, con la realtà sabotata dalla falsificazione per ottenere un’eterno presente, come ci ricorda Harmony Korine nel suo nuovo gioco multimediale, Baby Invasion, che ci mostra la voragine in cui siamo caduti.» (Antonio D’Onofrio, sentieri selvaggi)
