PARTHENOPE

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PARTHENOPE

un film di Paolo Sorrentino
con Celeste Dalla Porta, Stefania Sandrelli, Gary Oldman e Silvio Orlando
sceneggiatura: Paolo Sorrentino ● fotografia: Daria D’Antonio
montaggio: Cristiano Travaglioli ● musiche: Lele Marchitelli
produzione: The Apartment Pictures, Saint Laurent, Numero 10 e Pathé
distribuzione: PiperFilm
Italia, Francia, 2024 ● 136 minuti

v.o. italiano e napoletano

Presentata in concorso al festival di Cannes 2024, l’ultima opera di Paolo Sorrentino è un ritorno al lirismo che ha contraddistinto i momenti più poetici della sua produzione. Un’ode alla sua città natale, Napoli, ma anche alla giovinezza, a tutte le stagioni della vita e alla sua caducità.

giovedì 19 Settembre
23:50

venerdì 20 Settembre
23:50

sabato 21 Settembre
23:50

domenica 22 Settembre
23:50

lunedì 23 Settembre
23:50

martedì 24 Settembre
23:50

mercoledì 25 Settembre
23:50

Il lungo viaggio della vita di Parthenope, dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Un’epica del femminile senza eroismi, ma abitata dalla passione inesorabile per la libertà, per Napoli e gli imprevedibili volti dell’amore. I veri, gli inutili e quelli indicibili, che ti condannano al dolore. E poi ti fanno ricominciare. La perfetta estate di Capri, da ragazzi, avvolta nella spensieratezza. E l’agguato della fine. Le giovinezze hanno questo in comune: la brevità.

«Parthenope è una donna belissima, libera, spontanea, priva di pregiudizi. Il riflesso della città in cui sono cresciuto. (…) Io e Parthenope condividiamo la curiosità verso le altre persone, questo spirito antropologica, e abbiamo molto in comune. Nonostante i traumi dell’esistenza, lei non perde il suo interesse verso gli altri. Nasce in una condizione perfetta per essere libera e lotta per questo suo diritto» (Paolo Sorrentino)

«Il regista e sceneggiatore ritrova l’astrazione e la seduzione ammaliante della Grande bellezza, con tanto di esergo nuovamente affidato a Celine (“Certo che è enorme la vita. Ti ci perdi dappertutto”), (…) oltre al contributo nuovamente decisivo di Daria D’Antonio alla fotografia (proprio come in È stata la mano di Dio), per un film continuamente sospeso tra la tensione al sublime e la caduta nel baratro, popolato di fantasmi malinconici» (Valerio Sammarco, Cinematografo)