Piazza Vittorio

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piazza vittorio

un film di Abel Ferrara
con Abel Ferrara, Willem Dafoe, Matteo Garrone e gli abitanti di Piazza Vittorio
fotografia: Tommaso Borgstrom ● montaggio: Fabio Nunziata
musiche: Raf Keunen
produzione:Enjoy Movies srl
distribuzione: Mariposa Cinematografica
Italia, 2017 ● 82 minuti

v.o. inglese, francese, arabo con sottotitoli in italiano

Presentato alla 74° Mostra del Cinema di Venezia, Fuori Concorso

arriva anche a Milano il nuovo lavoro di Abel Ferrara, PIAZZA VITTORIO, uno sguardo indipendente e poetico di un immigrato americano d’eccezione sul vibrante cuore multietnico della capitale.

Nel centro di Roma, la storica piazza ottocentesca di stile umbertino, cuore pulsante del rione Esquilino, in cui già Vittorio De Sica ambientò una delle più incantevoli sequenze di Ladri di biciclette (1948), oggi si divide tra bellezza e degrado. L’occhio del regista newyorkese Abel Ferrara si posa sul fascino del suo antico splendore, che oggi ospita un microcosmo di etnie e classi sociali delle più varie, artisti del cinema, clandestini, clochard e commercianti, e sulle sue contraddizioni, sintesi amplificata di una realtà nazionale ancora irrisolta. Un videodiario d’autore che è diventato un documentario, Piazza Vittorio offre una rappresentazione viva di un’umanità sospesa tra accoglienza, paura, integrazione, difficoltà e rifiuto attraverso immagini, musiche, volti e storie del passato e del presente.

«Sono un immigrato come lo fu mio nonno in un’America che aveva bisogno di lavoratori stranieri e infatti io sono qui per lavorare. Lui cercava un’opportunità a New York e io la sto inseguendo a Roma, questo luogo speciale, come fanno pure tanti altri italiani e non incontrati durante le riprese del film.» (Abel Ferrara)

«Tra partitelle di calcio, commenti dalle panchine degli anziani italiani, musicisti di strada e un’inaspettata visita con annessa illustrazione teorica da parte di alcuni militanti di CasaPound, si accumulano le voci del “paese reale” – alcuni bozzetti di colore, altri confusi frammenti biografici, tra pareri favorevoli e contrari all’integrazione, la constatazione di un senso di ospitalità tutto italiano e al tempo stesso di un razzismo esplicito. […] Ferrara prova a raccontare delle realtà socioculturali distanti da quelle in cui si è formato. Nato nel Bronx da genitori immigrati dalla provincia di Sarno, qui si dichiara egli stesso come “immigrato” alle persone che intervista. Il suo sguardo conserva come sempre l’empatia con gli ultimi della Terra, con il nonsense delirante di chi in strada ha la sua unica possibilità di redenzione e anche la curiosità e l’affinità del dropout privo di pregiudizi.» (Raffaella Giancristofaro, MYmovies.it)