Portrait of Jason

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Portrait of Jason

un film di Shirley Clarke
con Jason Holliday
fotografia: Jeri Sapanen
montaggio: Shirley Clarke
produzione: Shirley Clarke Productions, Graeme Ferguson Productions
distribuzione: Reading Bloom e Milestone Film
Restauro: Academy Film Archive, Milestone Film e Modern Videofilm
Stati Uniti, 1967 ● 99 minuti

v.o. inglese con sottotitoli in italiano

1967 NEW YORK FILM FESTIVAL E LINCOLN CENTER ● 2013 Berlinale: premiere del restauro

Con Portrait of Jason Shirley Clarke sovverte i confini tra cinema vérité, film documentario e opera di finzione, realizzando una delle opere più acclamate del cinema indipendente e LGBT.

Nella notte del 2 dicembre 1966, Shirley Clarke si riunì con una piccola troupe nel suo attico del celebre Chelsea Hotel di New York per girare Portrait of Jason, “il film più straordinario che abbia visto in vita mia” (Ingmar Bergman). Per due ore Jason Holliday, aspirante attore di cabaret gay afroamericano, si confessa davanti alla macchina da presa ricordando l’educazione famigliare a Trenton, la sua vita di eroinomane, barista in un nightclub, domestico in una casa di San Francisco, i suoi trascorsi in carcere e negli ospedali psichiatrici. Quanto di vero c’è in ciò che Jason racconta e quanto di falso? Con PORTRAIT OF JASON Shirley Clarke sovverte i confini tra cinema vérité, film documentario e opera di finzione, realizzando una delle opere più acclamate del cinema indipendente e LGBT. Alla proiezione privata, organizzata prima dell’anteprima al New York Film Festival del 1967, erano presenti i più importanti artisti d’avanguardia come Andy Warhol, D.A. Pennebaker, Allen Ginsberg, Arthur Miller, Robert Frank.

«Un notevole caso di vita privata resa pubblica nell’underground si è avuto al quinto New York Film Festival (1967) nella forma di un ambizioso film di Shirley Clarke. Secondo le sue dichiarazioni alla conferenza stampa alla Philharmonic Hall dopo la proiezione, tutto nel film, intitolato Portrait of Jason, è vero. L’identià del protagonista è reale e, dentro e fuori del film, egli non pretende di essere nessuno all’infuori di se stesso, benché “Jason Holliday”, come egli spiega, sia un nome fittizio che usa da parecchi anni. Alla domanda di un giornalista, se il signor Holliday potrebbe essere incriminabile “per le cose che ha detto di aver fatto” nel film, la regista ha risposto: “Non credo… e inoltre, potrebbe mentire”. Resta il fatto che tutti i segni visibili e udibili indicano che Jason Holliday non sta mentendo, anche se (come può sembrare allo spettatoreuditore) è possibile che “esageri”. Si dice, benché a volte erroneamente, che anche l’arte esageri. Resta il fatto che ciò che connota veramente Portrait of Jason è il suo ritrarre un individuo realmente esistente disposto ad ammettere pubblicamente tutto ciò che (specialmente nel caso di un omosessuale) si è ritenuto socialmente conveniente tenere segreto, o un fatto noto solo alla cerchia degli amici più intimi. L’assoluta soddisfazione, addirittura la gioia del protagonista nel farsi ritrarre in un film, è innegabile. Ad un certo punto egli confessa che “bella cosa” gli sta succedendo (in tutto il film egli fa osservazioni rivolto alla regista e a un amico fuori quadro), e quasi sviene per il piacere. Certo egli dà molto valore all’opportunià di emergere dalla propria esistenza sotterranea: nei 105 minuti del film non si vede altro che il suo volto e il suo corpo e, lo ammetto, ci sono pochi momenti di noia. “Intervista aperta”, Portrait of Jason costituisce un vertice per la macchina da presa underground in quanto voyeur moralmente autorizzato e totalmente autogiustificantesi, le cui scoperte sono indirizzate al pubblico consumo. Sembra davvero che un nuovo gioco di società (non diversamente da certi predecessori da salotto) si debba chiamare Confessioni Pubbliche, e che l’applauso universale sia la sua naturale ricompensa.» (Parker Tyler, Underground Film)

«Shirley Clarke è un maledetto genio. Spero che le persone mi paragonino a lei un giorno. Shirley e Rogosin sono davvero interessati al loro soggetto, a scoprire cosa pensa e sente.» (John Cassavetes)

«Jason raggiunge momenti brillanti in un totale degrado della storia della sua anima, un monologo notturno che rompe la barriera tra umorismo privato e discorso pubblico, che disvela l’intimo percorso di crescita dei giovani gay afroamericani.» (Allen Ginsberg)

«Il film più straordinario che abbia visto in vita mia.» (Ingmar Bergman)