
PRESENCE
un film di Steven Soderbergh
con Lucy Liu, Chris Sullivan, Callina Liang e Julia Fox
sceneggiatura: David Koepp ● fotografia: Steven Soderbergh
montaggio: Steven Soderbergh ● musiche: Zack Ryan
produzione: Extension 765, The Spectral Spirit Company
distribuzione: Lucky Red
Stati Uniti, 2024 ● 85 minuti
v.o. inglese con sottotitoli in italiano

con Presence Steven Soderbergh – regista, ma anche direttore della fotografia e operatore di macchina – realizza un’opera in cui l’occhio della cinepresa si fa parte integrante del racconto, divenendo una misteriosa entità spettrale che osserva e veglia sulla casa delle protagoniste, infestata dal nostro stesso sguardo.
22:00
La famiglia Payne sembra una famiglia perfetta. Quando la vita della figlia minore Chloe viene sconvolta da un tragico evento scelgono di trasferirsi in una nuova casa, fuori città, per ripartire da zero. Presto però la ragazza si accorge di qualcosa che non va nella sua camera; inizialmente la famiglia non le crede, ma cambierà idea quando le manifestazioni diventeranno impossibili da ignorare. Mentre la loro realtà quotidiana inizia a sgretolarsi e le tensioni si amplificano, una presenza inquietante li osserva e li influenza, silenziosa ma sempre più vicina.
«Sono davvero nella scena con il cast, e se un take era rovinato era per un mio errore, c’era quindi un livello ulteriore di ansia da prestazione. Oltre alla paura di cadere dalle scale. Indossavo delle pantofole con della gomma antiscivolo e, dovendo guardarmi i piedi, miravo quindi basandomi sulle prove, sulla mia memoria muscolare e su dove pensavo la telecamera fosse in quel momento, ma a volte finivo per tagliare dall’inquadratura la testa di qualcuno.» (Steven Soderbergh)
«Lo spettatore, grazie a una radicale soggettiva “ultra-grandangolare” (Soderbergh utilizza un 14 mm che curva e dilata lo spazio fino a trasformarlo in una dimensione virtuale a 360 gradi), si ritrova proiettato nel ruolo di un’entità spettatrice onnipresente, capace di abbracciare ogni angolo della casa in cui si svolge il dramma familiare. Un dispositivo visivo potente e ingombrante che richiama, forse involontariamente, il panopticon foucaultiano: ogni gesto, ogni parola pronunciata dai personaggi è inevitabilmente captata, assorbita e rielaborata dallo spettatore-fantasma, che diventa così complice, ma anche inevitabile voyeur, di quanto accade. In questa prospettiva, Soderbergh sembra suggerire che il cinema stesso sia una casa infestata: infestata non da spiriti maligni, bensì da uno sguardo immanente, da una presenza che testimonia senza interferire, custode malinconico delle vite altrui.» (Gianluca Arnone, Cinematografo.it)