STRADE PERDUTE

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STRADE PERDUTE
LOST HIGHWAY

un film di David Lynch
con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty
sceneggiatura: Barry Gifford, David Lynch ● fotografia: Peter Deming
montaggio: Mary Sweeney ● musiche: Angelo Badalamenti, Trent Reznor
produzione: CiBy 2000
distribuzione: Cineteca di Bologna
Francia, Stati Uniti, 1997 ● 134 minuti

v.o. inglese con sottotitoli in italiano

1997 Faro Island Film Festival: premio a David Lynch

Dopo il flop commerciale del film di Twin Peaks, David Lynch fa squadra con l’autore del romanzo da cui trasse “cuore selvaggio” e imbastisce una fuga nella notte della mente e dell’anima, portando alle estreme conseguenze il suo stile ipnotico e disturbante. la fotografia satura e plumbea, la colonna sonora che unisce brividi jazz al meglio del rock alternativo degli anni ’90, performance attoriali stranianti e inquiete: tutto confluisce in un’opera cupa e trascinante, tra le prove più ammalianti del regista americano.

Fred è un musicista Jazz convinto che sua moglie Renee lo stia tradendo. In seguito alla morte misteriosa della donna, il giovane viene accusato d’omicidio ma l’uomo non riesce a ricordare assolutamente nessun dettaglio del crimine e finisce in prigione. Pete è invece un meccanico invaghito della bella Alice, la quale teme la vendetta di Laurent, un famoso boss della mafia.

«Durante le riprese è capitato che mi imbattessi nel termine “fuga psicogena” mentre ci documentavamo sulle differenti forme di disagi mentali. La persona che ne soffre crea nella sua mente una identità completamente nuova e con essa nuovi amici, una nuova casa, un nuovo “tutto” – insomma, rimuovono la loro identità passata. Questa scoperta ha avuto delle immediate riverberazioni sul soggetto del film, ma è anche una terminologia associabile al mondo musicale. In una fuga la musica comincia seguendo una strada, poi prende un’altra direzione e infine torna all’origine: se ci fai caso, è la medesima struttura del film» (David Lynch)

«Per cercare di comprendere realmente il senso di un’operazione dalla sconvolgente profondità intellettuale e al contempo onirica è necessario guardare due volte Strade perdute: durante la prima visione ci si deve completamente abbandonare alle emozioni, senza alcun filtro intellettuale, concedendo tempo e spazio alla dimensione critica e teorica solo in un secondo momento, senza comunque lasciarsi lusingare troppo dall’idea di tradurre in senso segni e ipotetici simboli. Perché il cinema di David Lynch, forse la più sorprendente rappresentazione del sogno che si sia mai avuto modo di incontrare in cento anni e passa di vita della Settima Arte, è in grado di parlare contemporaneamente al cervello, al cuore e alle viscere dello spettatore. Spaventandolo e perturbandolo, ma aprendo squarci di realtà non ancora ipotizzate, mondi sovrapposti in cui convivono doppelganger e quanti, e nei quali è pericoloso e irresistibile muoversi.» (Raffaele Meale, Quinlan.it)