
stranger than paradise
un film di Jim Jarmusch
con John Lurie, Eszter Balint, Richard Edson, Cecilia Stark, Danny Rosen,
Rammellzee, Tom DiCillo, Richard Boes, Sara Driver, Paul Sloane
sceneggiatura: Jim Jarmusch ● Fotografia: Tom DiCillo
Montaggio: Jim Jarmusch, Melody London ● Musica: John Lurie
produzione: Cinesthesia Productions, Grokenberger Film Produktion,
Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF)
distribuzione: Movies Inspired
Germania Occidentale, Stati Uniti, 1984 ● 97 minuti
v.o. inglese sottotitolata in italiano
1984 festival di cannes 1984: camera d’oro
1984 festival di locarno: leopardo d’oro
1985 sundance ff: menzione speciale della giuria

bianco e nero, outsiders e un’assoluta eleganza stilistica: in STRANGER THAN PARADISE troviamo tutti gli ingredienti del cult firmato Jim Jarmusch, che ci hanno fatto conoscere e amare il regista statunitense, che firma qui un’opera dal carattere inconfondibile che esplora attraverso i suoi protagonisti tutta l’alienazione della vita in un America lontana dal sogno
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Willie, un trentenne di origine ungherese ormai perfettamente integrato a New York, si vede arrivare a casa la cugina Eva Molnar, a lui sconosciuta e partita da Budapest con destinazione presso la vecchia zia Lotte a Cleveland. Poiché la zia è malata, la ragazza è ospite per una decina di giorni nella piccola stanza del cugino, che con l’occasione le presenta il suo migliore amico, Eddie. La tanto sospirata America appare ad Eva altamente desolante e quando finalmente raggiunge Lotte, si stabilisce da lei e trova un lavoro come cameriera. Un anno dopo, Willie ed Eddie decidono di andare a trovare Eva. Passati insieme alcuni giorni, tra cinema e partitelle casalinghe, i due amici pensano di andare in Florida a prendere un po’ di sole e a puntare su qualche buon cavallo. Si portano via Eva, lieta dell’inaspettata vacanza. Ma in Florida fa freddo, il mare è grigio e per di più Willie perde tutti i soldi alle corse dei cani. Eva, invece, viene scambiata per un’altra ragazza da alcuni malviventi che le affidano un bel mucchio di dollari. Lascia quindi un biglietto e un po’ di soldi ai due amici e va all’aeroporto dove c’è un aereo in partenza per Budapest. Willie ed Eddie sono colpiti dalla partenza di Eva, ma tornano a scommettere e vincono. A questo punto Willie si precipita all’aeroporto per convincere Eva a restare in America. Ma Eva è discesa a terra pochi istanti prima.
«II film precedente (Stranger than paradise, ndr) era sostanzialmente un film sul montaggio. Già in fase di sceneggiatura era previsto cosi, con quelle lunghe inquadrature separate dallo schermo nero. Era un modo di usare poco il montaggio e di evidenziarlo, di ostentarlo nello stesso tempo. Sono stato molto felice quando Akira Kurosawa ha visto il film e ha voluto scrivere un breve articolo per il press-book giapponese. E scrisse proprio che gli stacchi erano cosi precisi e accurati, che si capiva che erano stati molto meditati. Mi ha fatto piacere perché ci avevamo davvero lavorato tanto! Le decisioni da prendere al montaggio erano pochissime e per questo erano tanto più importanti.» (Jim Jarmusch)
«Diviso in tre capitoli (Un nuovo mondo, Un anno dopo e Paradiso), è il film che evidenziò l’originalità e l’estro del cinema di Jim Jarmusch, diventando a suo tempo un piccolo caso. In Stranger Than Paradise c’è moltissimo dello spirito proverbiale del regista, destinato a diventare iconico e riconoscibile come pochi altri autori suoi contemporanei, grazie a film come Daunbailò (1986), Dead Man (1995) e Coffee and Cigarettes (2003). Il rifiuto di qualsiasi sensazionalismo drammatico e narrativo si sposa infatti a meraviglia con l’indolenza grigia e ironica dei suoi personaggi, uno degli aspetti che contraddistingue la mano di Jim Jarmusch. La critica lo ha sempre definito minimalista, ed è impossibile negarlo, ma ciò che rende Jarmusch davvero unico è il suo modo di sposare le forme dei grandi generi americani negandone però l’epica, a vantaggio di un approccio assolutamente personale e riconoscibile (si veda anche la scelta delle continue dissolvenze a nero, che dividono i tanti sketch di cui il film è composto). È una pellicola sulla difficoltà dell’integrazione, su un’America rappresentata con toni grigi e alienanti, che ricorda proprio l’est Europa da cui arrivano Eva e Bela, con quest’ultimo che però si sforza in tutti i modi di negare le sue origini e sentirsi statunitense a tutti gli effetti.» (longtake.it)