TESUO: THE IRON MAN

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Tetsuo: the iron man
鉄男

un film di Shinya Tsukamoto
con Tomorowo Taguchi, Kei Fujiwara, Nobu Kanaoka, Shinya Tsukamoto
sceneggiatura: Shinya Tsukamoto ● fotografia: Kei Fujiwara, Shinya Tsukamoto
montaggio: Shinya Tsukamoto  ● musiche: Chu Ishikawa
produzione: Kaijyu Theater
distribuzione: Cat People
Giappone, 1989 ● 68 minuti

v.o. giapponese con sottotitoli in italiano

Opera prima delirante e dalla forza propulsiva esasperata, Tetsuo è in realtà un punto d’arrivo per Tsukamoto, che qui vi condensa anni di teatro e cortometraggi. Manifesto del cyberpunk e del body horror, ma in primis di tutto ciò che può e deve essere il cinema, Tetsuo è un abisso furioso, una creatura la cui semplice esistenza è in grado di commuovere.

lunedì 7 Aprile
22:30

martedì 8 Aprile
11:00

mercoledì 9 Aprile
16:40

Un uomo, dopo aver causato un incidente automobilistico, inizia a subire una terrificante mutazione in una creatura biomeccanica, fondendosi con il metallo e altre componenti. Man mano che la metamorfosi avanza inarrestabile, la sua stessa identità si dissolve in una spirale di violenza e delirio in cui diventa impossibile distinguere la realtà dal sogno e la rabbia dall’allucinazione.

«L’immagine della città che si restringe e al suo interno gli esseri umani, ormai inscatolati in stanze esigue, che operano solo attraverso i computer. Il cervello va ingigantendosi man mano che il corpo si riduce. Il messaggio è quindi di speranza: che la città venga distrutta non da guerre o da ordigni meccanici, ma dal corpo degli esseri umani.» (Shinya Tsukamoto)

«Tetsuo, delirante scoria sci-fi in odore di paranoia, attinge a piene mani tanto dall’universo del videoclip quanto da quello dei videogiochi, ma ne nega in continuazione l’essenza primigenia: i “responsabili” della crisi del cinema che attanagliò l’industria giapponese dagli anni Settanta in poi, televisione e videogame, utilizzati a uso e consumo di un cinema d’avanguardia, che non nega la narrazione ma la gestisce come atto di continua trasformazione dei corpi in scena. La putrefazione come unico sintomo di un’umanità oramai sconfitta, imbarbarita, persa in una megalopoli che non può più accettare l’umano in quanto tale, ma deve deformarlo, relegarlo a meccanismo, robotizzarlo.» (Raffaele Meale, quinlan.it)