
THE END
un film di Joshua Oppenheimer
con Tilda Swinton, George MacKay, Moses Ingram, Michael Shannon e Bronagh Gallagher
sceneggiatura: Rasmus Heisterberg, Joshua Oppenheimer ● fotografia: Mikhail Krichman
montaggio: Nils Pagh Andersen ● musiche: Marius De Vries, Josh Schmidt
produzione: Final Cut for Real, The Match Factory
distribuzione: I Wonder Pictures
Stati Uniti, Irlanda, Italia, 2024 ● 148 minuti
v.o. inglese con sottotitoli in italiano

dopo gli acclamati documentari The Act of Killing e The Look of Silence, Joshua Oppenheimer firma con The End il suo esordio nel cinema di finzione, un’opera potente condita di grottesco e animata da una magistrale ricerca visiva: il mondo è finito, e l’eccezionale cast guidato da Tilda Swinton, Micheal Shannon e George Mackay ci porta a conoscerne le conseguenze, costretti ora ad affrontare tutti quegli scomodi non detti alla base di ogni relazione umana
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Il mondo è finito. Ma l’umanità, forse, no. In un bunker sotterraneo riarredato come una casa di lusso, vivono e sopravvivono Madre (Tilda Swinton), Padre (Michael Shannon) e Figlio (George Mackay) e cercano di mantenere la speranza e un senso di normalità aggrappandosi a piccoli rituali quotidiani. Ma l’arrivo di una ragazza dall’esterno (Moses Ingram) incrinerà il delicato equilibrio di questo apparente idillio familiare.
«Se The End sta operando come The Act of Killing e The Look of Silence, ci sta obbligando a guardare nello specchio e pensare, “Come sto mentendo a me stesso?” Lavora al tempo stesso su due diversi livelli allegorici. È un’allegoria dell’intera famiglia umana e di un impero statunitense in declino. Ma al contempo questi personaggi senza nome sono tutti noi e le nostre famiglie. Tutti noi sappiamo – perché è ciò che anima ogni cosa che facciamo – che è nella nostra natura morire e perdere le persone che amiamo. Pertanto, la domanda più fondamentale che dovrebbe interessarci, ma che abbiamo troppa paura di affrontare, è: come dovremmo vivere? In che modo le bugie e le storie che ci raccontiamo oscurano la natura delle nostre relazioni? Non sto più parlando del cambiamento climatico o dell’economia. Sto parlando del modo in cui ti ho fatto del male da bambino, o del modo in cui ti ho gettato da genitore in una casa di riposo quando sapevo che avresti in realtà voluto vivere con me, e non ne abbiamo mai parlato.» (Joshua Oppenheimer)
«Non illudetevi che il nuovo film di Joshua Oppenheimer, un’operetta post-apocalittica di due ore e mezza che ha come protagonisti Stephen Sondheim e Jason Robert Brown (con un tocco di Justin Hurwitz), sia meno audace o critico rispetto ai suoi precedenti film sul modo in cui la sfera pubblica globale gestisce crisi e atrocità. (…) Oppenheimer si limita a passare dalle uccisioni di massa alla mostrusa Idra di Lerna interconnessa dell’umanità: il clima e il capitalismo neoliberale. (…) La macchina da presa di Mikhail Krichman si aggira sinuosa per la casa, come se si aggirasse in un palcoscenico teatrale, come se volesse mostrare la fallacia della loro realtà accuratamente costruita. Ma la genialità del racconto apertamente allegorico di Oppenheimer è molto più difficile da analizzare di quanto i suoi personaggi rivelino al primo sguardo. La domanda che rimane è: potrebbe essere la fine, ma la fine di cosa?» (Olivia Popp, Cineuropa)