The look of silence

/ / Senza categoria

THE LOOK OF SILENCE

un film di Joshua Oppenheimer
con Adi Rukun, M.Y. Basrun, Amir Hasan
fotografia: Lars Skree ● montaggio: Niels Pagh Andersen
produzione: Final Cut for Real, Making Movies Oy, Piraya Film A/S
distribuzione: I Wonder Pictures
Danimarca, Norvegia, Finlandia, Regno Unito, 2014 ● 102 minuti

v.o. indonesiano con sottotitoli in italiano

2014, Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: gran premio della giuria,
Premio FIPRESCI, Premio FEDEORA, HRNs Award, Mouse d’Oro

Dopo The Act of Killing Joshua Oppenheimer cambia il punto di vista, passa a quello delle vittime e ci consegna la seconda parte di un dittico e un monito: dobbiamo fermarci, comprendere le vite che sono state distrutte, trovare la forza di ascoltare il silenzio che ne consegue.

Indonesia. Tra il 1965 e il 1966 il generale Suharto prende il potere e dà il via a una delle più sanguinose epurazioni della Storia. Con la complicità e il supporto dell’esercito indonesiano, gruppi para-militari massacrano oltre un milione di persone, tra comunisti, minoranze etniche e oppositori politici. Nato nel 1968, Adi non ha mai conosciuto suo fratello, mutilato e ucciso barbaramente da alcuni membri del Komando Aksi nell’eccidio del Silk River.

«The Act of Killing ha mostrato quali sono le conseguenze quando costruiamo la nostra realtà quotidiana sul terrore e sulle bugie. The Look of Silence esplora invece cosa significa essere un sopravvissuto in una realtà nata da queste premesse. Il risultato è – spero – un poema che parla del silenzio che nasce dal terrore, un poema sulla necessità di rompere quel silenzio, ma anche sul trauma che dalla rottura di quel silenzio deriva. Forse il film finisce per essere un monumento al silenzio.» (Joshua Oppenheimer)

«La responsabilità di una generazione, l’impunità, il perdono: sono solo alcuni temi in quasi due ore di documentario. Il silenzio dello sguardo di Adi, pieno di domande senza risposta, è un urlo di dolore. “The Look of Silence” è puro cinema nel diventare testimonianza della Storia, non offrendo alcuno sconto neanche alle pesanti responsabilità americane. (…) Poche volte si può scrivere di un capolavoro e questa è una delle poche volte. Oppenheimer racconta tutto ciò con una cinepresa fissa sui volti e con una fotografia dalle luci morbide che permette di evidenziare bene i colori caldi. Il grande merito del regista texano è di dirigere senza mai essere protagonista, lasciando andare avanti i vari intervistati, soffermandosi su di loro anche nelle pause e nei silenzi. Un grande documentario che diventa vera testimonianza di un passato che si vuole oscurare. Un brivido coglie lo spettatore sui titoli di coda: i tanti “anonimi” che scorrono sullo schermo fanno capire che il passato è ancora presente.» (Alessandro Corda, ondacinema.it)