THE TRUMAN SHOW
un film di Peter Weir
con Jim Carrey, Ed Harris, Natascha McElhone, Laura Linney, Noah Emmerich,
Holland Taylor, Brian Delate, Paul Giamatti
sceneggiatura: Andrew Niccol ● fotografia: Peter Biziou
montaggio: William M. Anderson, Lee Smith ● musiche: Burkhard von Dallwitz
produzione: Paramount Pictures
distribuzione: Park Circus
Stati Uniti, 1998 ● 103 minuti
v.o. inglese con sottotitoli in italiano
martedì 3 dicembre proiezione speciale
in sala ospiti di Door e Bocconi Film Society
Oggi attualissimo e all’epoca profetico, magistrale incrocio tra Peter Weir ed Andrew Niccol. The Truman Show è innanzitutto un film sulla libertà. Che cosa succede quando ci viene negata e abbiamo l’illusione che ci sia? E quando abbiamo gli occhi addosso di familiari, amici, conoscenti che si presentano come complici e invece ci controllano? E quando si vive in uno spazio che è quotidiano, abituale e non ci accorgiamo invece che è una gabbia?
21:30
Truman Burbank vive nella tranquilla cittadina di Seahaven e nonostante sia apparentemente sereno sta cominciando a sentire una sorta di inquieta estraneità al luogo. Profondamente amato dai genitori, dalla moglie Meryl e dal suo migliore amico Marlon, Truman comincia a essere vittima di alcune strane situazioni e decide di indagare sul proprio passato, salvo confondersi ancor più le idee. L’incontro con Lauren, una ragazza con cui è scattato un reciproco colpo di fulmine e che è poi scomparsa misteriosamente, spinge Truman a cercarla e a scoprire una devastante verità sulla sua intera esistenza.
«Una cosa impressionante della gente che fa televisione è il suo enorme potere che opera scelte solo in funzione dei soldi. Non so cosa possa accadere in futuro. Esistono dei poteri legati ai mezzi di informazione di gran lunga superiori a quelli di certi governi. Penso a questi “imperi quasi dinastici delle telecomunicazioni” dove un tale potrebbe svegliarsi una mattina e mandare al mondo – attraverso i suoi satelliti – quello che vuole. L’aspetto che mi interessava di più di questo era mettere in mostra quanto la televisione faccia venire meno il confine tra le cose false e la verità. Una questione particolarmente delicata se la mettiamo in relazione con i bambini e il loro modo di percepire la vita. Non è solo un problema di qualità, ma di attitudine a guardare troppe ore la televisione e avere degli strumenti analitici per differenziarsi da essa. Ognuno di noi cerca la verità e si trova a che fare con una società che tenta in tutte le maniere di distorcerla.» (Peter Weir)
«L’idea diventa favolosa nel momento in cui è trasportata sulle ali di un’allegoria tragicomica dell’invasività del media nella sfera privata, circoscrivendo il pericolo della deformazione della realtà, della falsità nei rapporti interpersonali, del bisogno del singolo, da un lato, di un ambiente protettivo per quanto fittizio e opprimente, dall’altro della sua ansia di affrancamento dai ruoli rigidi che propone la società. Tutti i personaggi principali della filmografia di Peter Weir vivono lo spaesamento in un ambiente che sentono estraneo, e questo pare essere anche il tema preferito dello sceneggiatore neozelandese Andrew Niccol. Come la maschera di Jim Carrey, che schiva la comicità per vivere un incubo, la pellicola ride amaro anche nei suoi momenti più divertenti: sotto la patina edulcorata della “messinscena” si nasconde la deprimente verità sul significato dell’esserci, per se stessi e per gli altri. Quello di Weir diventa un alto saggio di metacinema in quanto rivela gli artifici mentre instilla l’emozione attraverso l’unica figura che non è fittizia, quella di Truman. Il personaggio di Ed Harris non rappresenta solo il regista demiurgo e manipolatore, ma anche il dio/idolo, in altre parole la sete di potere dell’uomo che anela ad eguagliare il Creatore. I titoli di testa sono quelli dello show nello show, noi tutti spettatori diventiamo oggetto della satira, voyeur che amano vivere la vita altrui e non vogliono riconoscere l’inganno anche quando è palese. La fiction è controllabile, la vita vera no: meglio il male del mondo che un bene finto.» (Niccolò Rangoni Machiavelli, spietati.it)