Cry macho

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Cry macho – Ritorno a Casa

un film di Clint Eastwood
con Clint Eastwood, Eduardo Minett, Natalia Traven, Dwight Yoakam,
Fernanda Urrejola, Horacio García Rojas, Brytnee Ratledge
sceneggiatura: Richard Nash, Nick Schenk ● fotografia: Ben Davis
montaggio: Joel Cox, David Cox ● musiche: Mark Mancina
produzione: Malpaso Productions
distribuzione: Warner Bros Italia
Stati Uniti, 2021 ●  104 minuti

v. doppiata in italiano

Il longevo Clint Eastwood torna davanti e dietro la macchina da presa con un atto di riflessione su se stesso, un testamento che guarda al passato e rilegge in parte la sua filmografia. Il titolo, Cry Macho, suona come un ossimoro. “Macho” esprime la natura esagerata e aggressiva della mascolinità, “cry” un versamento di emozioni ‘inconciliabile’ col machismo. L’uomo virile non piange, mai, o così almeno ci hanno fatto credere. Gli uomini di Eastwood, invece, si nascondono per piangere. Dietro le spalle alle volte, sotto al cappello questa volta.

Mike Milo, ex stella del rodeo e ora allevatore di cavalli in declino, che nel 1979 accettò l’incarico di un ex boss di riportare a casa il figlio dal Messico. Costretto a percorrere strade secondarie nel loro viaggio verso il Texas, l’improbabile coppia affronta un viaggio inaspettatamente arduo, durante il quale l’allevatore di cavalli, ormai stanco di tutto, trova dei legami imprevisti oltre che il suo senso di riscatto.

«Non ho lo stesso aspetto di quando avevo vent’anni. E allora? Questo significa solo che ci sono ruoli più interessanti da interpretare. Ho sempre pensato che quel ruolo fosse adatto a me. Dovevo solo maturare. Un giorno ho sentito che era giunto il momento di rivisitarlo. È divertente quando qualcosa ha la tua età, quando non devi lavorare per diventare vecchio» (Clint Eastwood)

«Per molti versi, questo film è una specie di studio di Eastwood su Eastwood, un’opera-testamento, una rivisitazione del suo stesso mito (…). I suoi elementi principali – l’impalcatura da tipico film di genere e la sua natura di prodotto a basso costo e un po’ confuso tipiche del recente cinema del suo autore – non può non far pensare a tutto quello che è venuto prima. Eastwood ha 91 anni, dunque è inevitabile che ogni film sia un lavoro crepuscolare, quasi un consapevole atto di riflessione su sé stesso. Dai più anziani non ci aspettiamo altro se non la capacità di guardare indietro, poiché – o almeno è quello che crediamo noi – davanti non resta molto da guardare. E invece su questo ci sbagliamo, anche se Cry Macho ha tutti i crismi del film che guarda al passato. (…) in un modo o nell’altro, c’è spazio per molto di più. Perché Cry Macho è anche, come tanti altri titoli precedenti, un film sui pericoli della fama» (K. Austin Collins, rollingstone.it)