ELISA

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ELISA

un film di Leonardo Di Costanzo
con Barbara Ronchi, Roschdy Zem, Diego Ribon, Valeria Golino
sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero, Valia Santella ● fotografia: Luca Bigazzi
montaggio: Carlotta Cristiani ● musiche: Giorgio Matteo “Aki” Oliviero
produzione: Tempesta, Rai Cinema, Amka Films Productions
distribuzione: 01 Distribution
Italia, Svizzera, 2025 ● 110 minuti

v. doppiata in italiano

2025, Mostra del Cinema di Venezia: in concorso

domenica 28 settembre alle ore 17.00
videocollegamento con il regista Leonardo Di Costanzo

Ispirandosi liberamente al saggio Io Volevo ucciderla dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, Leonardo Di Costanzo, dopo Ariaferma, torna a ragionare sulla reclusione e sul carcere ridefinendo le architetture, l’atmosfera e le implicazioni scavando in profondità sulla colpa e sulla possibile redenzione.

sabato 4 Ottobre 17:00 ▪︎ Cologno Monzese ▪︎︎ peppino impastato

domenica 5 Ottobre 19:00 ▪︎ Cologno Monzese ▪︎︎ peppino impastato

lunedì 6 Ottobre 17:00 ▪︎ Cologno Monzese ▪︎︎ peppino impastato

giovedì 9 Ottobre 21:00 ▪︎ Cologno Monzese ▪︎︎ peppino impastato

Elisa, 35 anni, è in carcere da dieci anni, condannata per avere, senza motivi apparenti, ucciso la sorella maggiore e averne bruciato il cadavere. Sostiene di ricordare poco o niente del delitto, come se avesse alzato un velo di silenzio tra sé e il passato. Ma quando decide di incontrare il criminologo Alaoui e partecipare alle sue ricerche, in un dialogo teso e inesorabile i ricordi iniziano a prendere forma, e nel dolore di accettare fino in fondo la sua colpa Elisa intravede, forse, il primo passo di una possibile redenzione.

«L’idea del film è nata durante la scrittura e la realizzazione di Ariaferma, il mio film precedente, e, in un certo senso, ne rappresenta una continuità. Se Ariaferma era un film sulle relazioni in carcere, lasciando fuori campo i crimini commessi dai detenuti, Elisa è invece la storia di un percorso interiore, quello di una donna che ha compiuto un atto di estrema violenza. Il film si ispira agli studi dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, che da anni conducono ricerche sull’agire violento e sugli autori di crimini efferati, compresi quelli, come nel nostro caso, non derivanti da marginalità sociali, né patologie psichiatriche. Crimini che colpiscono profondamente l’immaginario collettivo proprio perché commessi da persone apparentemente insospettabili: una tranquilla coppia, una persona dai modi garbati, una vicina di casa qualunque. Elisa è un personaggio di cui percepiamo la sofferenza, ma anche la freddezza e la capacità avuta nel manipolare le persone a lei vicine. Seguendo la sua vicenda, oscilliamo tra la comprensione del suo percorso interiore e il rifiuto profondo verso chi è stato capace di compiere un atto tanto estremo.» (Leonardo Di Costanzo)

«I film di Leonardo Di Costanzo sono manifesti di umanità in un momento storico dove quest’ultima va sempre meno di moda, ed Elisa (…) non fa eccezione. Ma, ancora una volta, non c’è nulla di retorico né di semplicistico nella tensione etica che innerva il racconto del regista, i cui personaggi sono sempre in un modo o nell’altro esclusi e prigionieri: dei codici camorristi (L’intervallo, L’intrusa), di un carcere in dismissione (Ariaferma), e naturalmente di sé stessi. Ecco allora che, nelle storie narrate dal cineasta, l’esercizio difficile e tortuoso dell’ascolto, della comprensione (che non è giustificazione), dell’aiuto e dell’assunzione di responsabilità passa sempre attraverso uno scandalo: in questo caso, venire incontro al “mostro”, come una certa cronaca nera chiamerebbe l’Elisa della bravissima Barbara Ronchi, disturbante nel suo contrasto di fragilità e crudeltà, nel suo groviglio di emozioni stratificate e decisioni irreversibili, di condizionamenti esterni e labirinti intimi (…). Un film capace di porre le domande più scomode sugli angoli bui della nostra coscienza, e di rispondere senza enfasi o compiacimenti, valorizzando la profondità delle questioni e la dignità irriducibile, anche negli errori più aberranti, degli individui (tutti) sospesi fra le proprie laceranti contraddizioni. E ricordandoci, nel finale, che attraverso uno sguardo simile può passare, nell’inferno fratricida contemporaneo, la (ri)costruzione di una civiltà degna di questo nome.» (Emanuele Bucci, ciakmagazine.it)