
LA MAFIA NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA
un film di Franco Maresco
con Letizia Battaglia, Ciccio Mira, Matteo Mannino, Cristian Miscel, Franco Zecchin
sceneggiatura: Franco Maresco, Claudia Uzzo ● fotografia: Tommaso Lusena De Sarmiento
montaggio: Edoardo Morabito, Francesco Guttuso ● musiche: Salvatore Bonafede
produzione: Ila Palma, Dream Film
distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
Italia, 2019 ● 105 minuti
v.o. in italiano
2019, Mostra internazionale d’arte cinematografica – Venezia: premio speciale della giuria

Il regista palermitano è di nuovo al cinema con un pessimismo che diventa cosmico, e con un disincanto totale e l’assenza di speranza racconta la sua Palermo e la Sicilia tutta, e la Mafia, e l’illusione dell’anti-mafia. Con intelligenza regala un’esperienza che tocca la passione per il cinema e quella civile. Senza smettere di far ridere.
Nel 2017, a 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, Franco Maresco decide di realizzare un nuovo film. Per farlo, trova impulso in un suo recente lavoro dedicato a Letizia Battaglia, la fotografa ottantenne che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia, definita dal New York Times una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo”. A Letizia, Maresco sente il bisogno di affiancare una figura proveniente dall’altra parte della barricata: Ciccio Mira, già protagonista nel 2014 di Belluscone. Una storia siciliana. “Mitico” organizzatore di feste di piazza, nei pochi anni che separano i due film Mira sembra cambiato, forse cerca un riscatto, come uomo e come manager, al punto da organizzare un singolare evento allo Zen di Palermo, “I neomelodici per Falcone e Borsellino”. Eppure le sue parole tradiscono ancora una certa nostalgia per “la mafia di una volta”. Intanto, visitando le celebrazioni dei martiri dell’antimafia, il disincanto di Maresco si confronta con la passione di Battaglia.
«È un film abbastanza nichilista, una versione molto per i poveri della Società dello spettacolo di Guy Debord, un mondo dove tutto si è azzerato. E’ un film su una tragedia in corso, la mafia, di cui non si parla più, se non nelle fiction: nella più felice delle ipotesi (vi prego di cogliere l’ironia) l’antimafia ha il volto di Pif. L’idea, insomma, è che tutto si può fare, tutto è allo stesso livello: le fiction, le cerimonie istituzionali, i neomelodici. Nel film precedente, Belluscone, raccontavo i giovani sottoproletari che intendevano la parola “carabiniere” come un insulto. Oggi non c’è nemmeno più questo problema. E non perché sia penetrata chissà quale cultura della legalità. I ragazzi ti rispondono: “Mi piacerebbe fare il killer, ma se non posso, anche il carabiniere va bene”. Tanto sono comunque eroi da fiction, di un super-Blob.» (Franco Maresco)
«Perché la mafia non è più quella di una volta? Perché oggi anche la mafia è un brand. Una griffe, una “firma” sul mercato. E brand devono così apparire Falcone e Borsellino, stampati su t-shirt e festoni, su fogli e teli. La contraddizione che Maresco mette in scena come nessuno quindi risuona: lo Stato, che a propria volta riproduce l’icona “Falcone e Borsellino” facendola circolare come “firma” della legalità, partecipa del brand? (…) Tutti i personaggi del film, dall’indomabile testimone/fotografa Letizia Battaglia all’inossidabile imprenditore di feste di piazza Ciccio Mira, sono le figure di una società civile sperduta nel labirinto capitalistico del brand. Dove verità e menzogna, buona e cattiva fede, si sciolgono e si confondono l’una nell’altra. (…) E a proposito di brand, è assolutamente giusto e importante, come ‘La mafia non è più quella di una volta’ sia distribuito dall’Istituto Luce di Roberto Cicutto, perché, oltre al riconoscimento artistico veneziano, se c’è un film civile e di servizio, ebbene eccolo qui, lo è proprio quest’ultimo grande film, ideato e diretto da Franco Maresco.» (Flavio De Bernardinis, repubblica.it)